AGI – La somministrazione di AstraZeneca sospesa, poi la marcia indietro una settimana dopo. Il lockdown duro annunciato per Pasqua, poi l’ammissione di colpa della cancelliera, Angela Merkel, e un’altra marcia indietro – due giorni dopo – con tanto di scuse ufficiali. Lo scontro con i Laender e la minaccia di Berlino di centralizzare la gestione della pandemia.
In tutto questo si inserisce lo scandalo delle mascherine che ha travolto diversi parlamentari della maggioranza e ha sfiorato il ministro della Salute, Jens Spahn. Infine le nuove regole su AstraZeneca, con la possibile somministrazione limitata agli over 60.
Questa è la Germania nell’era del Covid-19: caos, scontri interni e gestione molto lontana dal rigoroso modello tedesco. E, in un Paese che voterà a settembre per sostituire la cancelliera che lo ha plasmato negli ultimi quindici anni, le prospettive politiche sono tutte da scoprire.
La commissione tedesca permanente per il vaccino (Stiko) ha modificato le proprie indicazioni sul vaccino anti-Covid di AstraZeneca, raccomandandone la somministrazione solo agli uomini e alle donne oltre i 60 anni.
La decisione rischia di creare ulteriore scompiglio. E il governo, con il gradimento in caduta libera, pagherà l’ennesimo prezzo.
Certamente c’è di mezzo la stanchezza dei tedeschi per un lockdown che appare infinito (sono state tre le proroghe da dicembre a oggi), così come ha un ruolo non indifferente il malcontento per la lentezza della campagna vaccinale (ad oggi meno di dieci tedeschi su 100 è stata somministrata almeno una dose), in più ha pesato senz’altro lo scandalo sulla compravendita di mascherine anti-Covid in cui sono coinvolti alcuni parlamentari Cdu/Csu, l’unione cristiano-democratica di Frau Merkel: l’effetto è quello di un clima di sfiducia generalizzato che contrasta con la vastissima approvazione dell’operato del governo e della cancelliera nella prima fase della pandemia e che oggi si riflette drammaticamente sui sondaggi.
I numeri prefigurano uno ‘scenario horror’ per i partiti merkeliani in vista delle elezioni federali del 26 settembre.
Stando ad un rilevamento dell’istituto Forsa per contro di Rtl/Ntv, i due partiti ‘fratelli’ Cdu/Csu si fermano ad appena il 26% dei voti. Solo due mesi fa era il 36%, a maggio dell’anno scorso – quando il consenso per la gestione della pandemia verso la cancelliera era al suo apice – sfiorava addirittura il 40%.
Rispetto alla settimana scorsa, il calo è di 3 punti percentuali. Sembra l’inizio dell’abisso.
A trarne vantaggio sono soprattutto i liberali dell’Fdp, che crescono di 2 punti al 10%, e i Verdi, che aumentano i propri consensi di 1 punto al 22%, riducendo in questo modo il proprio scarto rispetto al blocco tra cristiano-democratici e cristiano-sociali bavaresi di soli 4 punti. La Spd rimane ferma al 16%, l’ultradestra dell’Afd non va oltre il 10% e la Linke, il partito della sinistra, è all’8%. Una rincorsa dei Verdi nei sei mesi che separano la Germania al voto nazionale a questo punto non è più impensabile.
Numeri facili da motivare rileggendo le cronache tedesche delle ultime settimane. Due parlamentari, Nikolas Loebel della Cdu e Georg Nuesslein della Csu, si sono dovuti dimettere dopo che è emerso il loro coinvolgimento nella fornitura di mascherina durante la prima ondata della pandemia, incassando attraverso le loro aziende centinaia di migliaia di euro. Ma secondo quanto riportato da Der Spiegel, anche la società dove lavora il marito del ministro Spahn, Daniel Funke, ha siglato con il ministero un accordo per la vendita di 570 mila mascherine Ffp2.
E’ “immorale, illegale e irresponsabile” che i deputati nel pieno della pandemia abbiano guadagnato soldi attraverso la compravendita di mascherine anti-Covid, aveva attaccato Olaf Scholz, ministro alle Finanze e candidato cancelliere della Spd, prima della pubblicazione delle rivelazione dello Spiegel che coinvolgevano anche il suo collega di governo.
“Abbiamo finalmente bisogno di una vera trasparenza in Parlamento: d’ora in poi i deputati devono dichiarare sin dal primo euro i loro introiti derivanti da seconde occupazioni”, aveva detto Scholz al domenicale della Bild.
Non va meglio sul fronte della gestione della pandemia. Da una parte la cancelliera, dall’altra la maggior parte dei Laender. Campo di battaglia: la radicalità delle misure anti-pandemia a fronte di una curva di contagio che non dà tregua. Questa volta Merkel sembra decisa a non cedere alle pressioni dei governatori: siamo in piena terza ondata, ha spiegato per poi aggiungere a chiare lettere che se i Laender non si decideranno finalmente di tirare il “freno d’emergenza” a fronte delle infezioni e dei virus, il governo di Berlino potrebbe decidere di procedere per conto proprio.
Parlando davanti alle telecamere di “Anne Will” – il principale talk show politico tedesco sul primo canale pubblico Ard – Merkel ha definito l’ultimo vertice con i Laender “una cesura”:
“Non si può continuare in questo modo”, ha incalzato la cancelliera, accusando i governatori di continuare a sottovalutare la pandemia ed a “illudersi che si possa negoziare con questo virus”, mentre verrebbe lasciato a Berlino il ruolo di chi fa la faccia dura, mentre loro pensano agli allentamenti. “Dobbiamo mettere in pratica le misure necessarie adesso e con grande serietà. Alcuni Laender lo fanno, altri no”.
Al che è arrivato l’ultimatum: se “a stretto giro” non succederà niente, il governo potrebbe decidere di intervenire, per esempio, sulla legge che regola la gestione delle pandemie ed avocare a sé la potestà sulle misure da mettere in atto.
Allo stesso tempo Merkel ha chiesto una “maggiore flessibilità” sulle vaccinazioni, che “procede con troppa lentezza, perché la Germania talvolta pecca di eccessivo perfezionismo”. Un’altra volta, è alle capitali dei Laender che sono fischiate le orecchie, per quello che viene visto come il secondo atto delle clamorose “scuse” presentate davanti ai cittadini tedeschi con annesso dietrofront sul super-lockdown di Pasqua: in realtà, osservano molti commentatori, un modo per puntare il faro sulle responsabilità dei Laender.
Source: agi