AGI – Il rapporto tra donne e pornografia è sempre stato un tema caldo all’interno delle lotte femministe, soprattutto negli anni ’80 e ’90 del secolo scorso. In quel periodo alcune attiviste, come Andrea Dworkin e Catharine MacKinnon, si schierarono contro la pornografia, sostenendo che essa diffondeva l’immagine di una donna passiva e sottomessa, mero oggetto del piacere sessuale dell’uomo e promuoveva atti di violenza contro la donna.
Altre femministe, invece, sottolinearono che avere potere e spazio all’interno della società vuol dire anche lasciare le donne libere di scegliere la tipologia di sesso, di relazioni e di fantasie sessuali che preferiscono, promuovendo una maggiore espressione sessuale libera da pregiudizi.
Fatte queste considerazioni, possiamo quindi affermare che la pornografia sia dannosa per la donna? O può essere anche un mezzo di emancipazione? Nel 2020 due ricercatrici della Management School dell’Università di Liverpool e della NEOMA Business School in Francia hanno intervistato 27 donne con lo scopo di indagare il consumo di pornografia da parte delle donne. Da questa ricerca sono emersi dei risultati interessanti: per le intervistate il consumo di pornografia è un mezzo importante attraverso il quale esplorare il proprio corpo, capire cosa è eccitante per loro, sperimentare, da sole o insieme al partner, e mettere in atto le proprie fantasie sessuali che non hanno ancora esplorato o che non necessariamente desiderano esplorare nella vita reale.
La pornografia ha inoltre permesso alle intervistate di coltivare una rinnovata comprensione della propria sessualità, più aperta e positiva, permettendo loro anche di confrontarsi e sfatare gli stereotipi sociali legati al piacere femminile. Dall’altra parte però, le intervistate si sono rese conto che la maggior parte dell’industria pornografica è in mano agli uomini e di conseguenza l’atto sessuale viene rappresentato secondo una prospettiva maschilista: il piacere femminile, infatti, viene messo in secondo piano e rappresentato in maniera inautentica e irrealistica.
È possibile invece realizzare una pornografia che metta al centro il piacere femminile? La terza ondata di movimenti femministi si è anche dedicata alla realizzazione di una pornografia che possa essere definita femminista, grazie al lavoro pionieristico di Candida Royalle e, negli ultimi anni, di registe come Tristan Taormino.
Questa tipologia di pornografia si differenzia da quella tradizionale innanzitutto perché è ideata da donne e pensata per le donne; viene inoltre data molta importanza all’autenticità, al realismo e al consenso, viene promossa l’inclusione di diverse etnie e diversi orientamenti sessuali, e si promuove il giusto compenso per le tutte le persone coinvolte; nel concreto, gli stessi attori possono proporre delle scene e intervenire nella sceneggiatura, così come possono esplicitare i propri desideri e le proprie preferenze.
Il focus, inoltre, non è più esclusivamente sui genitali, come avviene nella maggior parte della pornografia tradizionale, ma viene dato spazio all’espressione dei volti, alla sensualità dei gesti e all’interezza dei corpi che spesso esulano dai classici canoni estetici.
Va ricordato, però, che sarebbe incorretto parlare di pornografia per donne come se fosse una categoria omogenea e come se le donne ricercassero tutte le stesse cose dalla pornografia: per alcune, infatti, i contenuti pornografici creati da uomini e destinati agli uomini sono attraenti, e in ciò non c’è nulla di male. Il movimento della pornografia femminista ha aggiunto allo spettro di possibilità già esistenti una rappresentazione del punto di vista femminile, ponendo al centro il piacere della donna. Quello che è importante è che le donne si stanno sentendo sempre più libere godersi ciò che a loro piace.
Ringrazio per la collaborazione Chiara Alessandrini
Source: agi