Quali competenze, quale ricerca può nascere da un sistema d’istruzione colabrodo, che non solo non tiene dentro tutti i cittadini dell’oggi e del domani, ma che consegna le sue eccellenze ai paesi esteri che sanno valorizzarle?
di Antonella Di Bartolo
Facebook, a cui mi sono affacciata da poco, mi ha dato la possibilità di ritrovare tanti miei ex alunni e alunne. Leggo i loro messaggi e sorrido, felice. Quei meravigliosi ragazzi adesso sono giovani adulti, belli come e più di prima, e scrivono con una profondità, una consapevolezza e un equilibrio che li rivela.
Io insegnavo lingua e letteratura inglese. Il pensiero corre a qualche anno addietro, alcune immagini sono scolpite nella mia mente.
La ballata del vecchio marinaio ascoltando il brano degli Iron Maiden, le letture in giardino, il Sonetto 130 di Shakespeare perché chi ci ama adora i nostri difetti, tutti in piedi sui banchi per cambiare punto di vista, gli esperimenti di scrittura stream of consciousness incrociandola con Freud, Kandinsky, Stravinskij, seduti a cerchio per terra a commentare a caldo l’elezione di Obama Presidente, le mie insistenze affinché puntassero in alto e perché dessero sempre il meglio di se stessi, le rassicurazioni perché il voto era la valutazione di una singola performance, non un giudizio sulle loro persone e la sensazione – sempre – di essere in armonia, di divertirci parlando di poesia, di correnti letterarie, di rivoluzioni e di rivoluzionari.
Quel tratto di strada percorso insieme a tanti ragazzi e a tante ragazze mi ha regalato sensazioni ed emozioni che mai dimenticherò, e che oggi assumono una nuova profondità, nel ruolo diverso che adesso rivesto, quello di dirigente scolastica, e nella responsabilità di conduzione educativa di una comunità scolastica ben più ampia.
Abbiamo la responsabilità di preparare il futuro per questi giovani. Si è parlato insistentemente negli ultimi mesi dell’importanza della “competenza” nel gestire situazioni difficili e di quanto la ricerca scientifica sia l’unica àncora di salvezza avverso alcune malattie. Ma quali competenze, quale ricerca può nascere da un sistema d’istruzione colabrodo, che non solo non tiene dentro tutti i cittadini dell’oggi e del domani, ma che consegna le sue eccellenze ai paesi esteri che sanno valorizzarle?
La dispersione scolastica, intesa come abbandono, evasione, frequenza irregolare e competenze inadeguate sta toccando nuovi, allarmanti picchi. E non è un problema scolastico, è una questione sociale. Un bambino, un ragazzo che non frequenta la scuola è già fuori dallo Stato: un po’ per il fatto di stare per strada, un po’ per quella mancanza di consapevolezza e di strumenti di affrancamento che solo l’istruzione può dare, i ragazzi e le ragazze che non frequentano la scuola diventano manovalanza per la criminalità, nuove vittime e prossimi carnefici dell’illegalità che si alimenta della dipendenza e del sottosviluppo.
L’educazione e l’istruzione sono fatti pubblici, non per addetti ai lavori. E con misure di sistema a livello nazionale vanno considerate, ripensate, rilanciate; se ci sono delle criticità, vanno affrontate con strategie sistemiche frutto di ampio confronto. Vanno fatte precise scelte politiche, di indirizzo e di investimento, a partire dai diritti dei bambini e delle bambine; non solo istruzione, non solo welfare, ma una vera e propria azione di politica economica che è un piano di sviluppo.
Spesso si sente parlare di politica in senso spregiativo, come un comitato d’affari, un luogo di spartizione di potere e di clientelismi.
E invece dobbiamo recuperare la nobiltà della politica, arte e tecnica di governo della polis, della cosa pubblica, al servizio dei cittadini e delle cittadine.
Ecco, per me “potere” non è un sostantivo, ma è un verbo servile, nel senso di “potere fare”, essere nelle condizioni di servire la comunità, con disciplina, onore e lungimiranza.
E la politica deve rendersi conto fino in fondo che solo l’istruzione può dare quegli strumenti di consapevolezza e slancio verso nuovi, diversi immaginari di libertà e sviluppo. Servono dunque scelte coraggiose, che pongano la scuola e l’educazione tra le priorità assolute, con un piano strategico organico nazionale centrato sull’infanzia e l’adolescenza, premessa e promessa di futuro che si costruisce nell’oggi.