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I Paesi del Golfo hanno fatto quadrato intorno a Riad sul caso Khashoggi

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AGI – All’indomani della pubblicazione del rapporto Usa che inchioda il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman per l’omicidio di Jamal Khashoggi, i Paesi del Golfo persico hanno serrato le fila attorno all’Arabia Saudita, condannando qualsiasi “interferenza” nella sovranità del regno ultraconservatore wahabita.

I Paesi del Golfo Persico, ma anche il Parlamento della Lega araba, si sono schierati al fianco delle autorità del Regno che già ieri avevano definito “false e inaccettabili” le conclusioni del rapporto. Ad Abu Dhabi, il ministero degli Esteri ha espresso “fiducia e sostegno” alla magistratura saudita; una posizione simile è stata espressa dal ministero degli Esteri kuwaitiano. E anche Bahrein e Yemen hanno diffuso note, attraverso i ministeri degli Esteri, per condannare “qualsiasi tentativo di sfruttare” l’assassinio di Khashoggi, o di “interferire nelle questioni interne del regno”. Il governo di Manama si è spinto oltre e ha parlato dell'”importanza della leadership di Mohammed bin Salman”, l’uomo forte e leader de facto saudita.

Il rapporto “non è altro che un parere senza prove conclusive“, ha aggiunto Nayef Falah al Hajraf, segretario generale del Consiglio di cooperazione del golfo, l’ente regionale che riunisce le sei maggiori potenze nell’area; l’organizzazione, che peraltro ha sede a Riad, ha anche espresso il suo sostegno “per tutti i Passi che il regno intraprenderà per preservare i suoi diritti, promuovere i suoi obiettivi e sostenere il suo ruolo moderato”.

Il documento dell’intelligence Usa, desecretato e divulgato da Biden dopo che Donald Trump aveva preferito tenerlo riservato per preservare l’alleanza strategica con Riad in chiave anti-Iran, sostiene che MbS fu complice nell’operazione per uccidere il giornalista; e non poteva non essere che così, visto -fa notare il rapporto- il controllo di Bin Salman su tutti i gangli vitali nel regno, nonché il coinvolgimento diretto di alcuni suoi strettissimi collaboratori nell’assassinio dell’editorialista del Washington Post. Dopo la pubblicazione del documento, Washington ha annunciato sanzioni e restrizioni ai visti per 76 sauditi, ma tra questi non c’è il principe ereditario

Biden ha evidentemente deciso che il costo diplomatico di penalizzare direttamente MbS è troppo alto. Il principe finora non ha parlato ma in un’intervista su CBS 60 Minutes nel 2019 aveva negato categoricamente il suo coinvolgimento. Proprio questa è stata la linea adottata dalla stampa saudita, che nei suoi editoriali ha difeso l’innocenza di bin Salman e ha viralizzato su Twitter l’hashtag “Siamo tutti Mohamed bin Salman”, divenuta “trend” del giorno. 

Ma la pubblicazione del rapporto rappresenta un duro colpo all’immagine e al prestigio di uno degli uomini più potenti del Medio Oriente; potrebbe avere ricadute nei rapporti tra Occidente e Riad e sicuramente renderà imbarazzante per i leader occidentali continuare ad associare il proprio nome a quello del principe saudita. 

Source: agi


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