di Antonino Gulisano
Pyotr Ilyich Tchaikovsky, in una lettera a Sergej Ivanovič Taneev del 14 (26) gennaio 1891, scrisse: «…Sono sicuro che nelle mie opere appaio come Dio mi ha fatto e così come sono diventato attraverso l’azione del tempo, della mia nazionalità ed educazione. Non sono mai stato falso con me stesso. Quello che sono, buono o cattivo, lo debbono giudicare gli altri…»
Tchaikovsky, spesso traslitterato, è stato un compositore russo del periodo tardo-romantico, le cui composizioni sono tra le più note del repertorio classico. Ha unito nel suo stile caratteristiche della musica tradizionale russa alla prassi musicale classica, in contrasto con la visione estetica del “Gruppo dei Cinque”, compositori nazionalisti, improntata a un maggiore nazionalismo musicale.
Altri studi pianistici seguiranno alla conclusione della frequenza della Scuola di Giurisprudenza, 1859 e al conseguente impiego al Ministero della Giustizia (due cose alle quali Tchaikovsky dava scarsa rilevanza, sebbene fosse uscito dalla Scuola come uno dei migliori del proprio anno): studi seguiti per tre anni (siamo nel 1855) attraverso un celebre maestro dell’epoca, Rudol’f Vasil’evič Kjundinger (1832-1913).
L’ultimo anno della Scuola di Giurisprudenza fu per Tchaikovsky ricco ed appagante sotto l’aspetto della vita di società, ove riscuoteva non marginali successi, anche nel campo femminile, riuscendo simpatico a tutti («un giovanotto proprio per bene», scrive la Berberova).
Anteriormente al 1859 in Russia non solo non esistevano scuole ufficiali per l’insegnamento musicale, ma anche lo “status” di musicista era negato. Un giovane dell’aristocrazia doveva frequentare l’opera, conoscere la musica e magari saper suonare e addirittura comporre qualche cosa, ma un gentiluomo che abbracciasse la musica come professione era una cosa da non prendersi nemmeno in considerazione. La maggior parte degli artisti e della musica eseguita era straniera. Gli italiani vi imperavano pur esistendo del resto una tradizione musicale, seppur più propriamente popolare e religiosa.
Fu merito del musicista Anton Grigorevič Rubinštejn (1829-1894) e del mecenatismo della granduchessa Elena Pavlovna (zia dello zar Alessandro II Romanov) fondare (1859) la cosiddetta Società Musicale Russa, poi trasformata, nel 1862, in Conservatorio diretto dallo stesso Rubinštejn, con autorevoli docenti. Sulla scia di tale avvenimento nel 1866 fu aperto un Conservatorio anche a Mosca, fondato e diretto dal fratello di Anton Rubinštejn, Nikolaj.
Seriamente convinto che ogni vicenda umana, specie quelle che lo riguardavano, fosse sotto l’influsso del Destino – con la maiuscola (aveva scritto del resto nel 1868 un lavoro sinfonico titolato Fatum) – Tchaikovsky lesse la sua relazione con la Baronessa von Meck in tal senso, ma non solo, come si vedrà. Del resto egli espresse tali convincimenti non unicamente a parole o con modalità tipicamente russe del tempo, ma nella propria “filosofia” di vita, nell’intera sua estetica e dunque nella concreta realizzazione artistica.
Il “ciclo” delle ultime tre sinfonie lo testimonia bene, quando, a proposito del celebre tema introduttivo della Sinfonia n. 4 in Fa minore, dedicata (non a caso) al “mio miglior amico” (ovverosia la von Meck), il musicista stesso spiega.
La conclusione della vicenda con la moglie ed il periodo di riposo che ne seguì, auspici in particolare la von Meck e la sorella Aleksandra, segnano una graduale ma costante rinascita spirituale ed artistica del compositore. Le musiche scritte da allora, non solo aumentano quantitativamente, ma cresce la qualità e il successo in Russia come all’estero.
È un crescendo che non si interromperà, di fatto, sino all’ambigua morte, tanto che molti musicologi sono certi che se Tchaikovsky fosse sopravvissuto avrebbe scritto ancora molta musica, con soluzioni pure e senz’altro innovative e al passo coi tempi: la particolare scrittura de La bella addormentata, Lo Schiaccianoci, Iolanta e della Sesta sinfonia (Pathétique), sembrano testimoniarlo. A tale proposito, Igor’ Fëdorovič Stravinskij si lascia andare a commenti circa una precisa influenza che Tchaikovskyj avrebbe esercitato,secondo lui, sul giovane Mahler della prima e seconda sinfonia (e citava i passaggi).
Tchaikovsky mostrò un’ampia varietà stilistica, spaziando dalla musica da ballo al genere della sinfonia, senza dimenticare ed anzi coltivando assiduamente l’opera lirica.
Diversamente dai compositori russi a lui contemporanei d’ispirazione nazionalista, passati alla storia come il Gruppo dei Cinque, Tchaikovsky rivelò nella sua musica uno spirito cosmopolita. Alcune sue creazioni, come le variazioni rococò, impiegano uno stile dichiaratamente d’ispirazione classicista, rifacendosi particolarmente a Mozart.
Diversamente dai colleghi russi, Tchaikovsky studiò per tutta la vita e si formò su musica dell’Europa occidentale. Mozart fu il suo compositore prediletto, mentre è noto che non amasse particolarmente Bach e Beethoven, e in particolare il Beethoven della maturità. Si ispirò anche agli operisti italiani (in particolare a Rossini, Verdi e Bellini), alla nuova scuola francese di Bizet e Massenet, ai romantici tedeschi, fra cui Schumann il più amato e preferito a Johannes Brahms, da lui considerato un compositore mediocre; riuscì così a dare alla sua arte un respiro decisamente internazionale. Nondimeno, le sue partiture presentano tratti talora distintamente russi, sia nella predilezione per il modo minore, sia soprattutto nel profilo delle melodie, talvolta ricavate dalla tradizione popolare o dalla liturgia ortodossa.
In questo senso, la sua figura di artista aperto, capace di assorbire e rielaborare qualsiasi linguaggio e qualsiasi forma musicale, è fondamentale sia in ambito romantico, sia per la comprensione del futuro percorso artistico di Igor’ Fëdorovič Stravinskij, che non si stancò mai di spendere parole di elogio ed ammirazione, definendolo “il più russo di tutti i musicisti russi”. Egli disse infatti: «Tchaikovsky è molto facile e per questo motivo è stato considerato comune. In realtà, egli è il compositore più russo di tutti i musicisti del mio Paese».