di Ettore Minniti
Il Sommo Dante così descriveva il nostro Paese “Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave senza nocchiere in gran tempesta, non donna di provincie, ma bordello!”. Metafora di: “Povera Italia ridotta in schiavitù, dimora di sofferenza, nave alla deriva nel pieno della tempesta, non più signora dei popoli, ma luogo di prostituzione”.
Ai giorni nostri c’è da chiedersi: ma che male abbiamo fatto noi italiani per avere una classe politica come quella di oggi?
Il diritto di voto è sancito dall’art. 48 della Costituzione: “Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età. Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico”. Nonostante questo sempre più persone decidono di non partecipare alle votazioni generando così il fenomeno dell’astensionismo.
Il tema dell’astensionismo domina da anni il dibattito politico. Elezione dopo elezione, tornata dopo tornata, la partecipazione elettorale del popolo italiano è diminuita in maniera sostanziale. Alle prime elezioni della camera dei deputati (1948) partecipò il 92,23% del corpo elettorale, nel 2013 la percentuale era del 75,20%, per la prima volta sotto la soglia dell’80%.
Alle elezioni Politiche del 2001 i votanti furono l’84,22% degli aventi diritto, gli astenuti il 15,78%; alle elezioni Politiche del 2018 i votanti furono il 72,93% e gli astenuti il 27,03%; alle elezioni Europee 2019: votanti 54,30% – astenuti 45,70%.
È evidente che dal 2001 al 2019 lo scollamento fra elettorato e politici è andato via via aggravandosi probabilmente a causa delle leggi elettorali che sono state approvate (nel 2005 il “Porcellum” e nel 2017 il “Rosatellum”).
È perciò importante chiedersi perché i cittadini decidono di non recarsi alle urne a votare. Quali sono le motivazioni del non voto? In molti hanno cercato di rispondere a questa domanda.
Tra i tanti motivi, predominante pare essere la crisi dei partiti, i quali ormai non riescono più a mobilitare gli elettori e portarli alle urne, con una generale sfiducia degli elettori nei confronti dei partiti.
Secondo l’ISTAT, dal 2011 ad oggi, tra le istituzioni analizzate, il punteggio medio di fiducia più basso riguarda proprio i partiti. L’Istat nei suoi rapporti dice che un terzo delle persone intervistate dichiara di non avere nessun tipo di fiducia nei confronti dei politici, mentre il 22,5% delle persone non ha fiducia nel Parlamento.
È evidente, quindi, che le cause del NON VOTO possano essere tante, e persino legittime. In Italia il clima di sfiducia nei confronti delle istituzioni ha un peso notevole nel determinare il fenomeno dell’astensionismo. Nonostante votare sia un dovere civico, sempre più persone decidono di non partecipare.
In questi giorni di crisi pandemica ed economica, il teatrino della politica ha dato il meglio di sé.
Gli elettori sono disorientati perché non hanno ben compreso il senso di questa crisi politica.
Se si dovesse andare alle elezioni è molto probabile che il partito di maggioranza continuerebbe ad essere ancora una volta “l’astensionismo”.
Il popolo elettore, espropriato del voto di preferenza al candidato, assiste impotente a questa sceneggiata (tragicomica) dei politicanti e della politica tutta italiana: “… nave senza nocchiere in gran tempesta, non donna di provincie, ma bordello!”
Tra i tanti rimedi possibili (da soli non bastano) proponiamo:
la modifica dell’art. 49 della Costituzione con l’attribuzione di compiti e funzioni ai partiti politici, disciplinati successivamente da una legge ordinaria;
la riforma elettorale con il voto diretto al candidato;
la questione morale in politica;
la meritocrazia e le competenze dei rappresentanti.
L’Italia e gli italiani meritano una classe politica e dirigenziale all’altezza delle sfide globali del post-pandemia.