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Dai lavoretti al lavoro subordinato. Una rivoluzione nel food delivery

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AGI – Il 7 ottobre 2016 in Italia venne proclamato il primo sciopero in una startup. I fattorini di Foodora, una delle prime società di food delivery arrivate in Italia, incrociarono le braccia per protestare contro le condizioni di lavoro dettate dalla holding tedesca. Chiedevano maggiori garanzie e di essere considerati lavoratori subordinati a tutti gli effetti.

Oggi, quasi cinque anni dopo quella protesta, Just Eat ha annunciato che comincerà a far firmare ai propri rider contratti di lavoro subordinato con il modello Scoober. Una decisione che cambia il paradigma stesso di questi lavori, e forse segna un punto di svolta anche per le altre società del settore.

Da lavoretti a dipendenti subordianati

Nella neolingua dell’innovazione, il tipo di business delle società di food delivery è chiamato ‘gig economy’, economia dei lavoretti. E ‘gig’, lavoretti’, erano quelli che i rider erano chiamati a fare dietro chiamate saltuarie e compensi a buon mercato. Questa era almeno la promessa iniziale. L’economia dei ‘gig’ doveva essere niente di più della versione digitale degli speedypizza, o lavori a cui dedicarsi nel tempo libero per arrotondare un po’.

Ma non è andata cosi’. Nel tempo l’impegno richiesto ai rider è diventato sempre più consistente, il modello funzionava e le società di food delivery sono diventate dei colossi, capaci di generare solo in Italia un mercato stimato intorno ai due miliardi nel 2019. In assenza di lavori più remunerativi, sono diventati l’unico lavoro possibile per una buona parte dei circa 10mila fattorini presenti oggi in Italia. Dovevano essere i lavoretti per ragazzini e studenti universitari.

Oggi in molti casi sono la principale fonte di reddito di intere famiglie. Complice anche la crescente richiesta di questo servizio, accelerata dalla pandemia che nel 2020 ha cambiato le abitudini di milioni di persone. Alle prime proteste dei rider torinesi e milanesi nel 2016 ne seguirono altre. I media si accorsero dell’esistenza di questi lavoratori, intervistati spesso di spalle per paura di perdere il lavoro o vedersi annullati i contratti. Si scopri’ che anche in Italia era sbarcato un nuovo metodo di organizzare il lavoro. Il Financial Times lo defini’ management algoritmico: un’organizzazione senza capi, gestita da un software che riceveva, elaborava e inviava richieste di prestazione.

Un contratto nazionale difficile

La questione dei rider arrivò sul tavolo di un ministero nel 2018, quando l’allora ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico, Luigi Di Maio, promise di occuparsene nel decreto dignità. L’intervento del governo ebbe il merito di evidenziare l’urgenza di trovare una soluzione alla situazione contrattuale dei rider. Ma al momento non si è riusciti a trovare una quadra e tra sindacati e aziende è scontro sul contratto collettivo nazionale che sarebbe dovuto entrare in vigore lo scorso novembre.

Uno scontro motivato anche dalla natura mutevole di questo tipo di lavoro, difficile da stabilire dal punto di vista normativo, complicato da normare dal punto di vista dei diritti sindacali. 

@arcamasilum

Vedi: Dai lavoretti al lavoro subordinato. Una rivoluzione nel food delivery
Fonte: economia agi


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