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UN CATANESE CON HITCHCOCK

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Gaetano Ventimiglia, pittore, giornalista, fotografo, operatore, inventore e infine docente del Centro sperimentale di Cinematografia

di Franco La Magna

Allievo di talento dell’Accademia di Belle Arti di Roma, pittore, poi negli Stati Uniti giornalista e fotografo per il New York Times e l’American Press Association; operatore della “Jonio Film” (1914), della “Katana Film” (1915-16), della “Filmgraf” (1919) e della “Fert” di Torino (1921-22). Collaboratore del mitico documentarista del muto Giovanni Vitrotti (1921-22), inventore di un otturatore (1921), negli anni ‘20 lavora in mezza Europa (Francia, Inghilterra, Germania) e con il grande Alfred Hitchcock del periodo inglese (1925-26). Assunto dalla “Cines” di Stefano Pittaluga come direttore tecnico (1930), alla metà di quel decennio si ritrova docente di Tecnica della ripresa nel neonato Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, dove finalmente riesce a realizzare il suo grande sogno: l’invenzione di una cinepresa “italiana”.

L’avventuroso e leggendario Gaetano Ventimiglia, rampollo d’una famiglia blasonata e capostipite d’una stirpe d’inventori-operatori, nasce a Catania nel 1888. Dopo gli studi a Roma e un suo primo del tutto casuale (così si favoleggia) contatto con il cinema in Sicilia, chiusa l’esperienza americana, rientra in Italia dove lavora come operatore della “Jonio Film”, una delle quattro case di produzione catanesi, fondata nel 1915 da Filippo Benanti, industriale catanese del vetro. Più intensa la collaborazione con la “Katana Film”, altra casa di produzione etnea, fondata dai fratelli Scalia Zappalà e Giuseppe Coniglione

Dopo la guerra passa alla “Filmgraf” (1919), come operatore dei film di Gian Orlando Vassallo e successivamente alla “Fert” di Torino, insieme a Vitrotti con cui gira “Teodora” (1922) di Leopoldo Carlucci, prodotto dalla torinese Ambrosio, “kolossal” sulla prostituta-imperatrice di Bisanzio. Instancabile, brevetta nel 1921 un “otturatore a specchio riflettente” e collabora al film “Toilers of the sea” (1923) di Roy William Neil, finché tra il 1925-26 passa tra gli altri nientemeno che con il maestro del brivido e della “suspance”, l’insuperabile Alfred Hitchcock del periodo inglese (che gli affibbia l’epiteto di “barone” e lo chiama “Baron Vingtimiglia”). Con Hitch lavora in tre film: “Irrgarten der Leidensshaft” o “The pleasure garden” (1925), quasi interamente girato in Italia; “Der Berglader” o “The Mountain Egle” (1926), girato tra il Tirolo e Monaco di Baviera, entrambi di produzione anglo-tedesca; infine “The lodger” (1926) che il grande Hitch definisce “il mio primo film”.

Nel 1928 è a Londra e due anni dopo in Italia dove diventa Direttore tecnico della riorganizzata Cines di Stefano Pittaluga. Da docente di Tecnica della ripresa ottica nel neonato Centro Sperimentale di Cinematografia, il suo genio d’inventore si sbriglia. Concepisce due macchine da presa: la “O.G. 300” che illustra a Mussolini nel 1940, prodotta in pochi esemplari e la più fortunata “Vistavision” (1955) a scorrimento orizzontale della pellicola, con la quale modificata sono stati realizzati molti film (tra cui “Il Gattopardo”, 1963, celeberrimo capolavoro di Visconti). Conclude la strepitosa carriera come apprezzato docente del Centro Sperimentale di Cinematografia, dove insegna dal 1951 al 1967. Nel 1963 viene insignito del prestigioso “Premio A.T.I.C. per la Tecnica”. Muore a Roma nel 1974.

I figli Giovanni (Roma 1921-1989), direttore della “Tecnicolor”, inventore di un sistema “Techiscope” operatore e direttore della fotografia di decine di film e Carlo (Monaco di Baviera 1925-Roma 1981), prolifico creatore di molte macchine particolari, tra cui la “Verticale”) – morti entrambi prematuramente – hanno proseguito con successo la sua opera d’infaticabile ricercatore. .