AGI – I rischi restano elevati e la ripresa slitta ancora: la crescita nel 2021 si fermerà al 3,5% e inizierà a irrobustirsi solo dalla primavera. Dopo il forte rimbalzo del terzo trimestre, la seconda ondata di contagi da Covid-19 ha portato a una nuova contrazione del Pil italiano nel quarto trimestre 2020, con un calo stimato del 3,5% che, per effetto di trascinamento, porta al 9,2% la flessione dell’intero anno che si è appena chiuso. Anno in cui si è registrata un’impennata del debito pubblico, balzato di oltre 20 percentuali intorno al 156%. E’ la fotografia scattata dalla Banca d’Italia nel suo primo bollettino economico del 2021 in cui aggiorna le proiezioni diffuse a dicembre.
Le prospettive, per Bankitalia, rimangono strettamente legate sia “all’evoluzione della pandemia, sia alle misure adottate, da un lato per contrastare l’aumento dei contagi, dall’altro per mitigarne l’impatto sull’attività economica”. L’istituto di Via Nazionale rivede quindi al ribasso la stima del Pil per il 2020 prevedendo una contrazione del 9,2% a fronte del -9% indicato a dicembre. “La stima di crescita per l’anno in corso – spiega – risente in misura significativa dell’effetto sfavorevole di trascinamento della flessione del prodotto prefigurata per la parte finale del 2020”.
La seconda ondata pandemica, osserva l’istituto centrale, ha determinato “una nuova contrazione del prodotto nel quarto trimestre” che sulla base degli indicatori disponibili, “è attualmente valutabile nell’ordine del -3,5 per cento, anche se l’incertezza attorno a questa stima è molto elevata”. Con un calo dell’attività che “è stato pronunciato nei servizi e marginale nella manifattura” Via Nazionale stima che la produzione industriale dell’ultimo trimestre dello scorso anno sia calata di circa 1% portando la flessione del 2020 oltre il 10%. L’avvio della campagna di vaccinazione anti-Covid ha riflessi positivi nel lungo periodo, ma “restano incerti i tempi della ripresa”.
Ripresa che stenta a decollare: nel 2021, secondo le previsioni di Bankitalia, la crescita del Pil si fermerà al 3,5% (in linea con le proiezioni diffuse a dicembre) a fronte di una previsione del governo di un +6%. Il Pil dovrebbe quindi registrare una crescita del 3,8% nel 2022 e del 2,3% nel 2023, “quando si recupererebbero i livelli precedenti la crisi pandemica”. Gli investimenti, sottolinea l’istituto, “riprenderebbero a crescere a ritmi sostenuti, beneficiando delle misure di stimolo, e sarebbe considerevole la ripresa delle esportazioni; quella dei consumi sarebbe invece più graduale, con un riassorbimento solo parziale della maggiore propensione al risparmio osservata dall’insorgere dell’epidemia. L’inflazione rimarrebbe bassa anche nel corso di quest’anno, per poi salire solo gradualmente nel biennio 2022-23”.
Il Pil “tornerebbe a crescere in misura significativa dalla primavera” ma “devono essere contrastati rischi ancora elevati” legati alle incognite sugli effetti espansivi degli interventi previsti nel Recovery plan ancora in via di definizione e ai timori sull’evoluzione della pandemia. La crescita, potrebbe “per contro essere più elevata nell’ipotesi di un più rapido progresso nel controllo dei contagi”. Anche le prospettive per il mercato del lavoro non sono rosee. Secondo Bankitalia, la ripresa dell’occupazione si è indebolita dopo l’estate e “in termini di ore lavorate, recupererebbe entro il 2023 la caduta subita lo scorso anno”.
E se “la crescita del credito rimane robusta”, la paura dei contagi continua a frenare i consumi. Secondo un’indagine condotta alla fine di novembre dalla Banca d’Italia, nei prossimi tre mesi poco meno di un terzo delle famiglie italiane pensa di diminuire ulteriormente i consumi non durevoli e per circa la metà di queste la contrazione della spesa sarebbe superiore al 20%. Una flessione che interesserebbe soprattutto i nuclei residenti nelle regioni più esposte all’emergenza sanitaria e riguarderebbe anche poco più di un quarto di coloro che si aspettano un incremento di reddito nel 2021.
Vedi: La ripresa slitta e la crescita nel 2021 si ferma al 3,5%, dice Bankitalia
Fonte: economia agi