AGI – Le chiamano “Premium Family”, ma la famiglia tradizionale c’entra poco o nulla. Si tratta di promozioni commerciali non per chi è nello stesso “stato di famiglia” ma per quanti semmai vivono “sotto lo stesso tetto”. Senza rapporti di parentela e di consanguineità. Cinque o sei persone. Per abbonamenti da 15 dollari al mese o 14,99 euro. “Sconti d gruppo” per famiglie che non sono famiglia.
Li promuovono diverse aziende di telefonia, musica, del web, della Tv. Contratti multipli per fruizioni molteplici. Nulla di male, anzi: solo vantaggi per tutti. Specie per i più giovani, in particolare studenti universitari, lavoratori in trasferta che dividono le abitazioni. Ciò che fa fare un passo in avanti al concetto tradizionale di famiglia, perlomeno in ambito commerciale. Allargandolo.
Le aziende sono più avanti rispetto allo Stato? “Non sono un esperto di sociologia della famiglia, però so per certo che ormai siamo di fronte a un processo di frammentazione del modello di famiglia tradizionale, quello classico fatto da padre, madre, due figli”, risponde il professor Vanni Codeluppi, sociologo, studioso dei fenomeni comunicativi nel mondo dei consumi, dei media e della cultura di massa, autore di neologismi come “vetrinizzazione sociale”, “biocapitalismo”, “lusso democratico”, che insegna Sociologia dei media allo Iulm di Milano.
“Effettivamente – annota ancora il professor Codeluppi – questo dei contratti scontati che favoriscono gruppi che condividono lo stesso tetto, al di là dei legami canonici, mi sembra un segnale di adeguamento a una società che sta cambiando velocemente, in Italia ma soprattutto all’estero”. E aggiunge: “Anche il mondo della pubblicità e dei media rappresentava la famiglia ‘a quattro’ come l’emblema della tradizione, ma ormai è sicuramente da tempo che si sta disgregando, anche perché i luoghi domestici sono ormai sempre più abitati da persone singole, che vivono da sole. Più frequentemente persone anziane, che rimangono sole, anche perché la popolazione italiana, lo sappiamo, è sempre più vecchia. L’ Italia è il paese col maggior tasso di invecchiamento in Occidente”.
E tra Roma e Milano, spiega il professore, “le persone che vivono da sole sono attorno al 50%”. “E tra quanti vivono soli e la famiglia tradizionalmente intesa, si sono sviluppate sicuramente negli ultimi anni anche delle “forme intermedie” di famiglia, oltre a famiglie di vario tipo”, perché – precisa Codeluppi – “si stanno sperimentando anche delle soluzioni di tipo comunitario”.
Secondo il sociologo Vanni Codeluppi anche chi costruisce case “oggi pensa a soluzioni abitative per contesti di questo tipo”, perché “la persona che vive da sola ha delle sue necessità, è evidente, ma alleandosi con altri può far fronte a problemi e servizi comuni di vario ordine e grado”.
Cambiano cioè gli standard? “È esattamente così” dice il sociologo. “C’è di sicuro una moltiplicazione dei modelli di famiglia. Esiste sempre la famiglia tradizionale, ma ci sono anche varie forme di famiglia che sono ‘altre’. Dobbiamo tener conto che oggi la società è diventata più tollerante, per esempio, verso l’omosessualità – sottolinea il docente di Sociologia dei media allo Iulm d Milano –, quindi le coppie omosessuali, sia maschili che femminili, vengono sempre più accettate e questo finisce per creare nuovi altri modelli ancora di tipo familiare…”.
E dunque anche nuovi modelli di mercato? “Sicuramente. Dal punto di vista aziendale questi sono dei target cui guardare. Perché a volte queste coppie omosessuali hanno dei bambini, in vari modi, perché esistono pratiche diverse per averli, e ricostituiscono delle famiglie che sono diverse da quella tradizionale. Il fenomeno sociale principale odierno è dunque la moltiplicazione dei modelli di famiglia. Che comporta una scomposizione, una parcellizzazione e, al tempo stesso, una ricomposizione sotto le forme più diverse”.
Tornando invece al tema più stringente del rapporto delle aziende con le “nuove” famiglie o le più recenti forme di aggregazione famigliare o comunitaria, il professor Codeluppi osserva: “È chiaro che l’azienda è un attore sociale, un soggetto che agisce nell’ambito della società, quindi nelle sue azioni produce un’influenza, rafforza dei fenomeni, che sono già in corso, plasmandoli. Considerando, poi, che non si tratta di una singola azienda, ma di tante, si produce un effetto di amplificazione di fenomeni in corso, redendoli più evidenti, espliciti. Agendo sotto forma di comunicazione pubblicitaria o modelli di comportamento diversi e più vantaggiosi”.
Poi al professore viene in mente un paragone con la pandemia e l’suo dei termine “congiunti”, che tante polemiche ha suscitato, per dire che proprio sull’uso di questo termine “lo Stato si è mostrato in difficoltà nell’adeguarsi ai cambiamenti e a spiegare al meglio il suo significato, mentre le aziende da questo punto di vista sono molto più libere, meno vincolate e non hanno problemi. E ciascuno è libero di fare la propria proposta di mercato, diversificata”.
Al sociologo tuttavia non sfugge che In Italia vige “una morale cattolica molto forte” mentre in altri paesi “le aziende si possono permettere di mostrare situazioni molto diverse dalla norma e dalla morale comune”. E conclude: “Ma qualcosa comincia a cambiare: persino la Walt Disney negli Stati Uniti ha accennato all’omosessualità nei suo cartoon e l’Ikea, qualche anno fa e proprio qui in Italia, ha fatto comunicazione ritraendo coppie omosessuali che mettono su casa”. Al tempo stesso, “amplificazione e legittimazione”.
Vedi: "Con le promozioni Premium Family aziende al passo con i tempi", dice Codeluppi
Fonte: economia agi