AGI – Nessun governo di larghe intese e, per il momento, nessun rimpasto. Il Partito Democratico prova a spazzare via il campo da ipotesi che, stando a quanto affermano i suoi dirigenti, sono al momento impercorribili. Il malessere nel partito guidato da Nicola Zingaretti è presente, molto forte e riguarda soprattutto un certo “immobilismo” che i dem rimproverano a Giuseppe Conte.
Il tesoriere del patito, Walter Verini, parla esplicitamente della necessità di un “cambio di marcia sia nei contenuti che nello stile di governo” aggiungendo che, sebbene nessuno voglia elezioni anticipate, occorre fare attenzione alle mosse sbagliate. La verifica sul programma sta prendendo una cattiva piega, è l’osservazione di una fonte parlamentare, e rischia di far ritardare il Recovery Plan, la vera sfida che attende l’esecutivo e il Paese nell’immediato.
Di fronte a questo, le reiterate minacce di Matteo Renzi di ritirare le proprie ministre appaiono come un tentativo di distrazione, finalizzato ad indebolire il premier. Tentativo che ha tutti i requisiti per riuscire ma, si chiede un esponente dem, per ottenere cosa? Se cade il governo, viene sottolineato, non esiste altra strada che le elezioni anticipate e questo non perché i dem non conoscano la Costituzione e non sappiano che un tentativo per raccogliere una nuova maggioranza parlamentare è previsto dalla carta, ma perché “non esiste una maggioranza diversa da quella esistente”.
E l’ipotesi Mario Draghi? Difficile immaginare un campione dell’europeismo, un uomo dei conti, mettersi a capo di una compagine con dentro un po’ di tutto, compreso l’anti europeismo della Lega e i Cinque Stelle del No-Mes. Altro che Fratelli d’Italia, che comunque si sono già sfilati. In ogni caso, Andrea Orlando chiarisce di non essere “disponibile a un governo di larghe intese. Se cade questo governo la strada è quella delle urne. Un tentativo diverso non avrebbe un senso: ho letto di maggioranze che si allargano e si stringono, noi siamo alternativi alla destra e sarebbe paradossale riportare Salvini al governo”, aggiunge il vice segretario per poi smentire quanti lo danno in corsa per un incarico nel governo.
Quella del rimpasto, infatti, è l’altra idea che circola e che servirebbe a puntellare l’esecutivo. Tuttavia i dem sono convinti che occorra fare “prima la verifica sul programma e poi si vedrà se, sulla base di quanto emerso dalla verifica, ci sarà bisogno di rafforzare la squadra”.
È per questo e su questo che Zingaretti chiede a Conte uno scatto di reni, perché in gioco ci sono i 209 miliardi del Next Generation Eu e sul piano nazionale di ripresa che stenta a decollare. “Non possiamo accettare che la verifica sul programma di governo faccia ritardare la presentazione del recovery Plan”, viene spiegato da un parlamentare di primo piano. “Conte non chiude e i tempi si stanno facendo stretti”.
Da qui la richiesta di portare al più presto la bozza di recovery Plan in Parlamento così da avviare il confronto. “Poi, nel caso, si può riscrivere, ma intanto lo porti in parlamento. Italia Viva batte i pugni chiedendo di cambiare la bozza e il risultato è che siamo fermi”. Dunque, portare la bozza del Recovery Plan in Parlamento, procedere rapidamente al confronto e tornare in Consiglio dei Ministri entro gennaio o l’inizio di febbraio per il via libera. Questa la road map immaginata dal Pd per il quale, come sottolinea ancora Orlando, “il problema non è Conte. Il problema è individuare un metodo. Per gestire 209 miliardi servono metodo e strutture. Noi abbiamo fatto proposte che andavano verso un rafforzamento del ruolo di Conte, perché riteniamo che serva una guida politica e servano strumenti per esercitarla fino in fondo”.
Una guida politica: quello che i dem chiedono a Conte di essere. Anche perché se rinunciasse a quel ruolo, verrebbe messo in scacco dai renziani e da Italia Viva, come spiega Goffredo Bettini: “Conte deve prendere una iniziativa franca e aperta, andare a vedere le carte, non per fare manovre oscure, ma nell’interesse degli italiani”.
E Orlando aggiunge: “Non servono show muscolari, ma la pazienza di individuare le priorità, un lavoro di guida politica. Piu’ che parlare di programma parlerei di crono programma, dobbiamo dire le cose che vogliamo fare ma soprattutto in quale ordine le vogliamo fare”.
Vedi: Né rimpasti, né larghe intese. Il Pd chiede uno colpo di reni a Conte
Fonte: politica agi