AGI. – Quando ti dicono che non è vero che nei campi libici hanno torturato donne e bambini, che non è vero che la mafia sta corrodendo tutta l’economia del mondo, che non è vero che il pianeta sta morendo, tu che fai? La domanda che si pone Roberto Saviano al termine del suo ultimo libro, ‘Gridalo’.
Un volume di 531 pagine pubblicato da Bompiani (collana Overlook, 22 euro) in cui lo scrittore e giornalista si rivolge allo studente che era, al Roberto ‘rivoluzionario’ che guidava la contestazione scolastica negli anni ’80 e che oggi si rivede in un ragazzo (ipotetico) di 16 anni che frequenta la sua stessa scuola, il Liceo ‘Diaz’ di Caserta.
Tu che fai? Chiede lo scrittore: “Ti mantieni neutrale? Neutrale non esiste, perché neutrale vuol dire complice!”. E neutrale Saviano non lo è. Non lo è mai stato. E ha scoperto sulla sua pelle quanto fosse vera la frase di Leopardi, che pure cita alla fine del suo libro: “Il genere umano non odia mai tanto chi fa male, né il male stesso, quanto chi lo nomina”.
Contro il giornalista e scrittore casertano dopo le minacce di morte e le intimidazioni è stata attivata la cosiddetta macchina del fango. Un meccanismo per cui se una voce dà fastidio si cerca di spegnerla gettando dubbi sulla sua moralità, sui suoi interessi dietro le battaglie, alimentando teorie complottiste che gettano discredito sul suo operato, su di lui e sui suoi amici.
“Parlo a te come se tu fossi un altro me”, scrive Saviano all’altro se stesso 16enne di oggi. E inizia a raccontare al giovane i meccanismi della macchina del fango. E lo fa chiamando a sé personaggi illustri, quasi fossero testimoni. Personaggi le cui vite hanno subito la violenza di questa macchina, oppure l’hanno creata o, ancora, l’hanno progettata. Ogni volta l’invito dello scrittore all’altro se stesso adolescente è sempre quello di gridare. Gridare “quando ti costringono alla banalità della semplificazione”, “quando sta per vincere – anche in te – la certezza che nulla cambierà”, “quando coprono di fango gli uomini di buona volontà, quando deridono gli eroi”, “quando il veleno di una menzogna comincia a far effetto”.
E molte altre volte ancora. In 30 ‘quadri’, raggruppati in sette capitoli Saviano spiega al suo giovane se stesso cosa significhi lottare per un’idea e subire gli attacchi del potere, attacchi che iniziano con le intimidazioni, proseguono con la diffamazione e finiscono, a volte, con l’eliminazione fisica.
Saviano spiega le regole del potere, quello malato che caratterizza molte dittature o sedicenti democrazie e che, comunque, affascina politici di ogni latitudine, indipendentemente dalla forma di governo vigente nel Paese. Cita Carl Schmitt, un autore amato da Hitler, per spiegare quello che è avvenuto nel mondo con i migranti: se non ci sono nemici, li crei perche l’antinomia amico-nemico è necessaria per creare quello “stato d’eccezione” in cui un popolo ha bisogno di un capo a cui affidarsi, anche accettando di rinunciare ad alcune libertà.
Se questo “stato d’eccezione” non si crea naturalmente (è il caso della pandemia, in cui tutti i cittadini accettano le decisioni dei governi, seppure dolorose), i politici cercano di crearli artificialmente e ripetono sempre, con ostinazione, la parola “nemico” (Hitler lo aveva capito bene e nel ‘Mein Kampf’ lo ripete 170 volte!).
Chi critica il potere, scrive Saviano, è pericoloso. Se si denuncia la violenza (come nel caso di Anna Politkovskaja e Jamal Khashoggi), il razzismo (come Emile Zola o Martin Luther King), la corruzione (come Daphne Caruana Galizia), la dubbia morale di una classe politica (come Pier Paolo Pasolini) o la violazione della privacy (come Edward Snowden) si diventa un nemico da far tacere. E questo Saviano lo sa bene.
E sa bene – e lo racconta – che oggi il web rappresenta uno straordinario strumento per chi fa della macchina del fango la sua arma anti-oppositori. Che usano parti della nostra intimità, della nostra vita privata, per screditarci. “Nel mondo del tutti contro tutti infangare è la regola, non l’eccezione”, scrive il giornalista.
Poi aggiunge: “Il diritto di parola oggi è minacciato seriamente dal far west mediatico. Se qualcuno critica il potere viene trasformato in un mostro attraverso queste tecniche di violazione sistematico del privato”, una situazione drammaticamente attuale, prosegue, se accade, come è stato in Italia con Liliana Segre, che “trecentomila ‘unlike’ e cinquemila minacce di morte sono in grado di trasformare una sopravvissuta ai campi di concentramento in un meme ridicolo, senza peso ne’ autorevolezza”.
Usando personaggi noti, da Hulk Hogan (vittima di gossip che Saviano definisce “censura del nuovo millennio”) a George Soros fino a Joseph Goebbels (ministro della propaganda di Hitler le cui idee sono alla base della macchina del fango). Saviano in ‘Gridalo’ denuncia l’apatia di molti che preferiscono restare in silenzio e far finta di non vedere, che preferiscono restare in disparte lasciando di fatto soli coloro che combattono.
“Pensaci sempre, prima di isolare qualcuno che lotta per i diritti di tutti, perché quando lo fai è come se tu lo spingessi con le tue stesse mani dentro un cono d’ombra. E di quel cono d’ombra approfitteranno i suoi nemici”, avverte lo scrittore. Per ribellarsi non devi essere un santo, continua Saviano, perché chi si ribella è un essere umano con difetti e debolezze.
Ma nessuno deve usare il privato di una persona per contrastare le sue idee e metterlo a tacere. Ed è quello che invece accade quotidianamente. E allora, dice ancora Saviano citando Giorgio La Pira: “C’è un momento nella vita in cui gridare è il solo dovere”. E invita a farlo all’altro se stesso e a tutti i lettori.
Vedi: Saviano racconta storie di resistenza, chi è neutrale è complice
Fonte: cultura agi