Di Ettore Minniti
L’anno scorso andava in onda su Rai1 la fiction TV “I nostri figli”, con i bravi attori Giorgio Pasotti e Vanessa Incontrada, ispirata ad una storia vera, quella di Marianna Manduca la madre di tre figli, uccisa a Palagonia (CT), nel 2007, dal marito Saverio Nolfo che la donna aveva denunciato ben dodici volte prima di essere barbaramente assassinata. Anche noi ci siamo commossi, come Vanessa Incontrada che sul set ha pianto, per una storia di ordinaria ingiustizia.
Ho avuto modo di conoscere personalmente Carmelo Calì, cugino della Manduca, avendolo intervistato per un’emittente TV locale, insieme a Mauro Caporiccio, sceneggiatore per la fiction che ha seguito professionalmente l’intera vicenda, e l’avvocato Giuseppe Fiorito, legale della famiglia Manduca. Calì, insieme alla moglie Paola Giulianelli, è riuscito ad ottenere in adozione i figli della cugina. Mi colpì la sua serenità d’animo ma anche la sua determinazione di uomo, marito, padre e cittadino consapevole, perché oltre ai momenti difficili e conflittuali per l’adozione dei tre ragazzi, ha intrapreso e vinto una battaglia legale contro lo Stato ‘colpevole’ di non avere protetto Marianna che aveva denunciato il suo assassino. Dopo l’adozione, con la moglie, ha fondato l’associazione onlus “Insieme a Marianna”, per la prevenzione ed il contrasto della violenza sulle donne e sui minori. Ho definito in quell’occasione i coniugi Calì eroi silenziosi, dai quali tutti dovremmo prendere esempio. Hanno accolto i tre bambini con un notevole impegno economico e morale che ha consentito agli orfani di non essere soli e di vivere serenamente insieme ad altri fratelli di cui oggi hanno il medesimo cognome.
Poi il travagliato iter giudiziario.
Il processo dinanzi al Tribunale di Messina si è protratto a lungo per le migliaia di pagine di atti e documenti prodotti soprattutto dall’Avvocatura dello Stato, poi finalmente nel 2017, per la prima volta in Italia, lo stesso organo giudicante ha condannato la Presidenza del Consiglio a risarcire i danni patrimoniali nella misura di 259.000 euro i tre i ragazzi, ma non i danni morali.
I ragazzi, con i soldi del risarcimento, hanno aperto un’attività alberghiera in Senigallia, dove vivono e sono cresciuti in una famiglia che li ha accuditi e voluti bene.
Purtroppo la Corte d’appello di Messina, investita dall’Avvocatura dello Stato, lo scorso marzo haannullato quel risarcimento dando ragione alla Presidenza del Consiglio che aveva fatto ricorso sostenendo che i magistrati di Caltagirone fecero il possibile considerata l’assenza all’epoca di una legge sullo stalking e andando oltre la difesa erariale e sostenendo l’inevitabilità del femminicidio in considerazione della determinazione del marito omicida.
Una sentenza stupefacente che ci ha lasciato tutti basiti.
Una decisione che la difesa della famiglia di Marianna ha impugnato in Cassazione davanti alla terza sezione civile. I Supremi Giudici hanno accolto il ricorso accolto il ricorso, presentato dalla difesa a nome dei ragazzi, sul risarcimento corrisposto in seguito all’omicidio della mamma annullando la sentenza di secondo grado e disponendo un nuovo giudizio davanti alla Corte di Appello di Catanzaro. Il 9 dicembre la prima udienza.
Confedercontribuenti, attraverso il suo Presidente Nazionale, Carmelo Finocchiaro, ha preso una decisa posizione: “… la verità è scritta sulla lapide di questa giovane mamma. Chiediamo che il Parlamento e tutte le forze politiche rappresentate si facciano artefici di una azione per ridare dignità ad una vicenda che dimostra come lo Stato, a promuovere slogan è bravo ma a fare giustizia è davvero in difficoltà”.
Non sono tardate le risposte a tale appello. La Ministra per le Pari Opportunità, Elena Bonetti, ha dichiarato alla stampa: “Confermo l’impegno del governo a sostenere gli orfani di femminicidio.Un conto è la parte processuale che compete alla magistratura sul dolo dei giudici, ma sul sostegno economico agli orfani possiamo ragionare in coerenza con l’impegno di questo governo sull’attuazione e finanziamento, un anno fa, del Fondo per gli orfani di femminicidio che era in stallo“.
Secondo l’Istat, le donne vittime di omicidio volontario nell’anno 2018 in Italia sono state 133. Delle 133 donne uccise nel 2018, l’81,2% è stata uccisa da una persona conosciuta. Nel 2019 furono 96 e nei primi dieci mesi del 2020 sono state ben 60. Oltre 4 mila le denunce per violenze alle donne. A causa del lokdown le denunce sono aumentate dell’11%.
Lo Stato e la società civile devono impegnarsi per fermare questa mattanza, nel frattempo siano risarcite le vittime di tali eccidi che generalmente sono i figli incolpevoli.
Un passo avanti è stato fatto dal legislatore con il Codice Rosso (Legge n. 69/2019) che innova e modifica la disciplina penale e processuale della violenza domestica e di genere, corredandola di inasprimenti di sanzione.
Occorre lavorare sulla coscienza civile. Importante è denunciare, anche attraverso Il 112 o il 1522 – numero antiviolenza e stalkink, con l’auspicio che ogni giorno dell’anno sia un 25 novembre.