Di Vittorio Sangiorgi (Direttore del Quotidiano dei Contribuenti)
È esplosa con la forza di una devastante deflagrazione la notizia relativa ai cinque deputati che, nei mesi caldi dell’emergenza Coronavirus, hanno chiesto ed ottenuto il bonus da 600 euro per le partite IVA. Tutto nasce da una segnalazione della Direzione centrale Antifrode, Anticorruzione e Trasparenza dell’Inps, rilanciata poi da giornali ed organi di stampa. Una notizia che, ovviamente, ha avuto immenso risalto e che ha suscitato condanna ed indignazione unanime, dentro e fuori i palazzi della politica.
Il fatto – in un paese dove contribuenti, imprenditori e partite IVA lottano giornalmente per la loro sopravvivenza, fiaccati dal mostro burocratico, da leggi assurde e castranti, da tasse e balzelli soverchianti – è di per sé grave, ma diventa ancor più grave considerando il momento drammatico in cui è avvenuto. Mentre migliaia di imprese vedevano all’orizzonte lo spettro del fallimento, mentre si attendevano aiuti concreti dalle istituzioni, mentre milioni di cittadini si chiedevano dove fosse la potenza di fuoco annunciata dal governo, cinque deputati, cinque rappresentanti delle istituzioni, ottenevano furbescamente il bonus da 600 euro per le partite IVA, teoricamente destinato a colori i quali – a causa della chiusura decretata dall’esecutivo – avevano visto azzerarsi le loro entrate. Il meccanismo di assegnazione ed erogazione del bonus (definito dai più come un insufficiente palliativo), lo sappiamo, non ha funzionato alla perfezione e non sono poche le partite IVA che, per molteplici e diverse ragioni, non lo hanno potuto incassare. I cinque deputati, che secondo le ultime indiscrezioni apparterrebbero alla Lega, al Movimento Cinque Stelle ed ad Italia Viva, lo hanno invece ottentuto senza alcun problema, senza nessuna difficoltà.
Non è nostra intenzione sbandierare istinti giacobini o da ghigliottina, ma questa vicenda non può essere taciuta. Staremo a vedere se verranno resi noti i nomi dei cinque furbetti e se, i gruppi parlamentari dei quali fanno parte, prenderanno provvedimenti nei loro confronti. L’analisi di questa vicenda, tuttavia, non si può esaurire nella condanna del gesto, ma deve necessariamente andare oltre. Non bisogna, infatti, dimenticare che i deputati hanno richiesto ed ottenuto l’indennità perché le maglie larghe della legge glielo hanno permesso, perché durante la sua stesura non sono stati posti i paletti necessari ad evitare episodi come quello in questione.
La cronaca, d’altra parte, ha spesso raccontato episodi simili, specie negli ultimi tempi. Basti pensare, ad esempio, a quanto avvenuto con il discusso Reddito di Cittadinanza. Senza voler entrare nel merito della sua legittimità o del dibattitto che la sua introduzione ha suscitato, vale la pena ricordare che tra i suoi percettori ci sono, o ci sono stati, l’ex brigatista rosso Raimondo Etro e Pietro Maso, che nel 1991 massacrò i genitori per appropriarsi dell’eredità e “difendere” il suo stile di vita, fatto di discoteche, feste e movida. Si tratta, ovviamente, di casi profondamente diversi e non vogliamo certo paragonare i cinque deputati finiti nell’occhio del ciclone con i due soggetti di cui sopra. Il punto è un altro: bisogna guardare la luna e non la punta del dito… Si condanni chi è stato protagonista di un vero e proprio smacco nei confronti di milioni di italiani, ma non si dimentichi che, se tutto ciò è avvenuto, la colpa è anche di chi lo ha reso possibile. Nessuno si senta assolto.