AGI – Dieci anni dopo la caduta della dittatura di Zine El Abidine Ben Ali, la democrazia tunisina fatica ancora a reggersi sulle proprie gambe. Sono passati solo undici mesi dalle ultime elezioni legislative e già il Paese si trova ad affrontare una doppia crisi politica: il neo premier incaricato, Hichem Mechichi, cerca di formare per tempo un nuovo governo per evitare lo scioglimento del Parlamento e, allo stesso tempo, il presidente dell’Assemblea, Rashid Ghannushi, leader del movimento islamista Ennahda, ha dovuto combattere un voto di sfiducia, il primo del genere nella storia della Tunisia, voluto dall’opposizione guidata dagli eredi – politici – di Ben Ali. Fuori dall’agone politico, i cittadini fanno i conti con la spietata morsa della crisi socio-economica aggravata dalla pandemia del nuovo coronavirus.
Sono sempre più frequenti le proteste popolari, in particolare nel Sud, dove i giovani disoccupati pagano il prezzo più caro. Il risultato è che, solo negli ultimi giorni, in centinaia si sono affidati ai “barconi della morte” nel tentativo di raggiungere le coste italiane e fuggire al virus e alla miseria. Il prossimo futuro della legislatura dipende dal braccio di ferro tra il presidente della Repubblica, l’indipendente Kais Saied, e i partiti rappresentati in Parlamento. Incaricando un premier indipendente, il capo di Stato ha emarginato l’Assemblea e i partiti, screditati dalle incessanti controversie politiche.
Saied ha ignorato le proposte arrivate dalla varie formazioni politiche e ha scelto Mechichi, avvocato di formazione, già capo di gabinetto di diversi ministeri e suo primo consigliere per gli Affari legali. Il suo ultimo incarico è stato quello di ministro dell’Interno alla fine di febbraio 2020 nel governo uscente di Elyes Fakhfakh. E non è un caso che tra le sue prime promesse di mandato, se dovesse strappare la fiducia in Parlamento, vi è quella di “fermare i barconi della morte”.
Sui social l’opinione pubblica, stanca degli accordi opachi e delle lotte di potere che hanno di recente paralizzato il Parlamento, sembra promuovere la decisione del presidente.
Ennahdha, la principale forza parlamentare che aveva spinto l’attuale governo a dimettersi per formare una nuova coalizione più gradita, “ha perso il controllo”, spiega Selim Kharrat, capo di Al-Bawsala, un osservatorio indipendente del Parlamento. Dal partito di ispirazione islamica non mancano le critiche contro il tentativo di “demonizzare il Parlamento”, che equivarrebbe a “guidare il Paese verso una nuova dittatura”. Per il quotidiano La Presse, il presidente Saied sta tirando “il tappeto sotto i piedi di un Parlamento consegnato al caos”.
Inoltre, se il nuovo esecutivo non dovesse ottenere la fiducia dei Deputati entro la fine di agosto, Saied potrebbe sciogliere l’Assemblea eletta nell’ottobre 2019 e la sua composizione verrebbe ampiamente modificata, sulla base di quanto emerge dagli ultimi sondaggi che vedono gli islamisti indietreggiare.
Il presidente “sta spostando la Tunisia da un sistema parlamentare moderato a un sistema presidenziale, senza apportare i necessari cambiamenti (nella Costituzione) o cercare di convincere la maggioranza”, denuncia l’esperto politico Salaheddine Jourchi. In sostanza il presidente “vuole cambiare la politica del Paese e vuole un capo di governo che non lo faccia irritare”. Per Jourchi, la decisione del presidente, così come il rischio di scioglimento dell’Assemblea, “avrà gravi ripercussioni sulla stabilità della vita politica, che influenzerà la vita socio-economica” in un Paese già sofferente.
Ennahdha (54 deputati su 217) e il partito liberale Qalb Tounes (27 seggi) dell’imprenditore Nabil Karoui, accusato di riciclaggio di denaro, avevano concordato due nomi di indipendenti che però non sono stati considerati. Resta da vedere se Mechichi, che si presenta privo di un programma di mandato e con poca esperienza politica, riuscirà a raccogliere la maggioranza in un Parlamento frammentato.
Sia Ennahdha che Qalb Tounes hanno già fatto sapere di non avere alcun pregiudizio nei confronti di Mechichi, i negoziati sulla composizione del governo saranno tutt’altro che facili. Nel frattempo Ghannouchi è riuscito a mantenere saldo il suo posto di presidente del Parlamento, dopo il voto di sfiducia che ha messo in luce le profonde fratture all’interno dell’Assemblea. I suoi avversari, in prima linea gli anti-islamisti del Partito Destouriano libero non sono riusciti a raccogliere i 109 voti necessari per rimuoverlo dal banco più alto. “Un’altra vittoria per la democrazia in Tunisia”, aveva gioito con i giornalisti Ghannouchi dopo il voto. Su 217 deputati, si sono espressi in 133, di cui 96 per la mozione (16 contrari).
Il leader di Ennahda è stato criticato per aver avuto scambi ai massimi livelli con leader stranieri, mentre la diplomazia è una prerogativa del presidente della Repubblica, ed è stato accusato di svolgere una diplomazia parallela allineata con la Turchia. Accuse, sostengono gli islamisti, foraggiate dagli Emirati.
Vedi: La doppia crisi politica che paralizza la Tunisia
Fonte: estero agi