AGI – La legge in Italia sulle unioni civili (nota come Cirinnà, dal nome della senatrice Pd – Monica Cirinnà – prima firmataria del nuovo ddl) festeggia oggi i suoi 4 anni. Il testo, denominato “Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze”, dopo l’approvazione definitiva del Parlamento l’11 maggio del 2016 e la promulgazione del Capo dello Stato il 20 con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale il 21 maggio, attribuisce uno status giuridico, per molti aspetti analogo a quello riconosciuto al matrimonio, alle coppie maggiorenni omosessuali e disciplina anche la convivenza di fatto tra persone, sia etero che dello stesso sesso.
La legge, che venne approvata con 372 sì, 51 no e 99 astenuti andando a incidere in modo significativo sullo stato civile della persona, non piacque a buona parte del mondo cattolico. Di questo istituto giuridico si cominciò a parlare a partire dal 1986 ma le varie proposte di legge non furono mai calendarizzate. Le unioni civili furono oggetto di un disegno di legge deliberato dal Consiglio dei ministri l’8 febbraio 2007, che avrebbe formalizzato.
Una prima proposta di testo unificato dei disegni di legge all’esame congiunto della commissione giustizia del Senato fu depositata nel 2014 dalla senatrice Monica Cirinnà, nominata relatrice. Il dibattito prese il via il 2 febbraio del 2016. A quattro anni di distanza, la stessa Cirinnà promette di tornare a battersi affinché la legge sani quelle situazioni di disuguaglianza che ancora esistono. “Penso al mancato richiamo all’articolo 78 del codice civile in materia di affinità, che priva gli uniti di suocere e suoceri – ha scritto Cirinnà sul suo sito alcune settimane fa -.
Ma penso soprattutto alla condizione, per me sempre piu’ dolorosa, delle famiglie arcobaleno che, in assenza di riferimenti normativi chiari, sono costrette a lottare nei tribunali e con le pubbliche amministrazioni per ottenere il riconoscimento dei propri diritti”. Dunque, anche se “questa legge sulle unioni civili ha scavato in profondità nella cultura e nella società italiana”, “non basta, non può bastare, non piu’. Credo sia giunto il momento di iniziare a lavorare per mantenere la promessa dell’eguaglianza, e completare il lavoro iniziato quattro anni fa: gli obiettivi sono chiari, matrimonio egualitario e riconoscimento pieno dell’omogenitorialità, in tutte le sue forme”, è la conclusione di Cirinnà.
Costituzione dell’unione civile: l’unione civile tra due persone dello stesso sesso si costituisce di fronte all’ufficiale di stato civile e alla presenza di due testimoni. L’atto viene registrato nell’archivio dello stato civile.
Obblighi reciproci: dall’unione deriva l’obbligo reciproco all’assistenza morale e materiale e alla coabitazione. Non c’e’ obbligo di fedeltà, ma entrambe le parti sono tenute, in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale e casalingo, a contribuire ai bisogni comuni.
Cognome: per la durata dell’unione civile le parti possono stabilire di assumere un cognome comune scegliendolo tra i loro cognomi. Si può anteporre o posporre al cognome comune il proprio cognome.
Vita familiare: le parti concordano tra loro l’indirizzo della vita familiare e fissano la residenza comune; a ciascuna delle parti spetta il potere di attuare l’indirizzo concordato.
Regime patrimoniale: il regime ordinario e’ la comunione dei beni, a meno che le parti pattuiscano diversamente.
Adozioni: la legge non prevede la possibilità per uno dei due partner di adottare il figlio dell’altro partner, essendo stata stralciata la stepchild adoption dal testo. Tuttavia, all’articolo 3 si prevede che “resta fermo quanto previsto e consentito in materia di adozioni dalle norme vigenti”, il che consente alla magistratura ordinaria di decidere caso per caso. E in effetti a partire dal 2016 sono state tante le pronunce che hanno attribuito una veste giuridica al rapporto fra il componente dell’unione civile e il figlio biologico dell’altro.
Pensione, eredità e tfr: la pensione di reversibilità e il tfr maturato spettano al partner dell’unione. Per la successione valgono le norme in vigore per il matrimoni: al partner superstite va la “legittima”, cioe’ il 50%, e il restante va agli eventuali figli.
Scioglimento dell’unione: si applicano “in quanto compatibili” le norme della legge sul divorzi, ma non sarà obbligatorio, come nello scioglimento del matrimonio, il periodo di separazione. Tanto da far parlare di ‘separazione lampo’ davanti all’ufficiale di stato civile.
Convivenze di fatto: la legge disciplina anche le unioni tra due persone eterosessuali, ma non sposate. Si hanno quando due persone maggiorenni sono unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile.
Assistenza in carcere e ospedale: i conviventi hanno gli stessi diritti dei coniugi nell’assistenza del partner in carcere e in ospedale.
Abitazione: in caso di morte di uno dei partner, l’altro ha diritto di subentrare nel contratto di locazione. Se il deceduto e’ proprietario della casa, il convivente superstite ha diritto di continuare a vivere in quella abitazione tra i due e i cinque anni, a seconda della durata della convivenza.
Regime patrimoniale: i conviventi possono, non hanno l’obbligo, sottoscrivere un contratto che regoli i rapporti patrimoniali, anche in comunione dei beni.
Alimenti: in caso di cessazione della convivenza, il giudice stabilisce il diritto di ricevere gli alimenti qualora uno dei partner versi in stato di bisogno e non sia in grado di provvedere al proprio mantenimento. Gli alimenti sono assegnati in proporzione alla durata della convivenza.
Secondo l’Istat, il fenomeno delle unioni civili, “dopo il picco avutosi subito dopo l’entrata in vigore della nuova legge” mantiene un andamento sostanzialmente stabile. I numeri ci dicono che nel secondo semestre del 2016 (anno di entrata in vigore della legge n.76) le unioni civili sono state 2.336 (di cui 1.720 riferite a coppie di uomini, pari al 73,6%) e 4.376 in tutto il 2017 (di cui 2.962 di uomini, pari al 67%,).
Nel corso del primo anno e mezzo di applicazione della legge, quasi il 60% di queste unioni è stato registrato al nord, il 28% al centro e 12% al sud, maggiormente nelle città: 763 a Roma (553 coppie di uomini e 210 coppie di donne, 621 a Milano (489 e 132), 256 (187 e 69) a Torino e poi 148 a Firenze, 137 a Bologna, 114 a Napoli e 60 a Palermo.
Nel periodo preso in considerazione, il 70% delle unioni civili si è concentrato in cinque regioni, con la quota più elevata in Lombardia (24,9% del totale nazionale), seguita da Lazio (15,5%), Piemonte e Toscana (entrambe 10%) ed Emilia Romagna (9,7%). Nel 2018 sono state costituite 2.808 unioni civili presso gli Uffici di Stato civile dei comuni italiani, anche qui con prevalenza di coppie di uomini (1.802 unioni, il 64,2% del totale) anche se in progressivo ridimensionamento. Il 37,2% delle unioni civili e’ stato costituito nel nord-ovest, seguito dal centro (27,2%).
In testa si posiziona la Lombardia con il 25%, a seguire Lazio (15,1%), Emilia-Romagna (10,0%) e Toscana (9,4%). Anche per il 2018 si è concentrato nelle grandi città il 32,7% delle unioni civili avvenute in Italia: in cima alla graduatoria si trovano Roma (290 unioni, 10,3%) e Milano (257 unioni, 9,2%); la quota di unioni civili di coppie di uomini risulta particolarmente elevata a Milano (pari al 75,5%) rispetto a Roma (66,9%).
Vedi: La legge sulle unioni civili compie 4 anni
Fonte: cronaca agi