AGI – Il propagarsi dell’epidemia di Covid-19 in America Latina sta colpendo soprattutto le favelas e le strutture sanitarie pubbliche sono vicine al collasso. A lanciare l’allarme sono fonti Onu e ong internazionali sulla base dei bilanci ufficiali diffusi dai singoli Paesi della regione, diventata il nuovo epicentro del coronavirus.
La situazione più critica è quella del Brasile, che per il terzo giorno consecutivo ha registrato il più alto numero di morti (1.156) e di contagi (26.417), diventando il secondo paese al mondo più infetto dal coronavirus, dietro agli Stati Uniti. Nel Paese, considerato il nuovo principale focolaio, l’emergenza è diventata il controllo dell’epidemia.
Per gli scienziati i dati ufficiali – 438.238 positivi e 26.754 decessi – potrebbero essere fino a 15 volte inferiori alla realtà, in quanto non vengono effettuati test sistematici. Nello Stato di San Paolo, il più colpito con 100 mila contagi e 6.980 morti, gli ospedali sono arrivati al punto di saturazione, ma il suo governatore ha deciso di far ripartire progressivamente tutte le attività economiche a partire da lunedì.
Lo Stato di Rio de Janeiro è il secondo in termini di vittime (4.846) e di contagi (44.886), ma la situazione si sta rapidamente deteriorando anche negli stati di Amazonas e Para (nord) e nel Ceara (nord-est).
Il Perù, terzo paese del Sudamerica maggiormente flagellato dal Covid dietro al Messico (più di 9 mila decessi), ha superato la soglia dei 4 mila morti e più di 141 mila casi positivi per una popolazione di 33 milioni. Gli ospedali sono già al collasso e l’economia è quasi del tutto paralizzata.
“Se non avessimo attuato la quarantena, secondo le stime saremmo già a 83 mila morti” ha detto il primo ministro, Vicente Zeballos. Numero record di decessi in 24 ore in Cile, in tutto 49, per un totale di 890 vittime da Covid dall’inizio della crisi sanitaria è 86.949 malati.
A Santiago, 18 milioni di abitanti, si concentra l’80% dei contagi nazionali, motivo per cui le autorità hanno deciso di prorogare di una settimana il lockdown in vigore dal 16 maggio. “Il rispetto delle misure di confinamento non e’ stato soddisfacente nella regione metropolitana della capitale” ha deplorato il ministro della Sanità, Jaime Manalich.
Al momento il tasso di occupazione dei letti nei reparti di rianimazione della capitale si avvicina al 90%, facendo temere il peggio per le prossime settimane. Altrettanto preoccupanti sono le ripercussioni economiche dell’epidemia, con un forte aumento del numero di disoccupati nelle ultime settimane, ormai il 10% della popolazione.
In piena pandemia, sale la tensione in alcune regioni del Messico dopo la diffusione di video e fake news sui social che sostengono che “il virus non esiste”, rilanciando la notizia dell’abbattimento di un drone che stava spargendo una polvere bianca dannosa per i polmoni.
A Venustiano Carranza, villaggio indigeno del Chiapas (sud), il comune e diversi edifici sono stati presi d’assalto dai locali in risposta ad un presunto “attacco chimico” ai danni dell’etnia Tzotzil. Dall’inizio dell’epidemia, altri episodi di violenza si sono gia’ verificati negli stati di Michoaca’n (ovest) e Oaxaca (sud) durante interventi di sanificazione.
In Bolivia il governo ha invece deciso di allentare il confinamento totale, in vigore da marzo: da lunedì sarà possibile circolare tra le 5 e le 18 e alcune attività economiche riapriranno su base regionale. Ad oggi si registrano 7.768 casi di Covid e 280 morti, concentrati nella regione di Santa Cruz.
A lanciare l’allarme carestia e povertà per tutto il Sudamerica e i Caraibi sono Unicef e Save the Children, che prevedono altri 16 milioni di bambini costretti a vivere in poverta’ entro fine anno se i governi non dovessere intervenire con misure decise di sostegno all’economia.
Nei giorni scorsi Human Rights Watch (HRW) aveva avvertito che il sistema sanitario del Venezuela non è pronto a far fronte alla pandemia, rappresentando un pericolo per la sua popolazione e per l’intera regione. È sempre più messo in discussione il bilancio ufficiale di 1.211 positivi e 11 morti diffuso dal governo di Nicolas Maduro.
“La situazione del Paese e’ tale che la gente rischia di scappare, gravando sulla sanità dei vicini e mettendo in pericolo la salute regionale” ha sottolineato l’ong. Il presidente della Colombia, Ivan Dunque, ha definito la situazione del Venezuela una “bomba ad orologeria”.
Vedi: In America Latina il virus fa strage degli "ultimi"
Fonte: estero agi