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Dati, contagi, notifiche: cosa sappiamo finora di Immuni (e cosa ancora no)

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Il via libera del consiglio dei ministri e i chiarimenti forniti in commissione Affari costituzionali dal ministro Paola Pisano di fatto hanno dato l’ok alla nascita di Immuni, l’app di tracciamento dei contagi individuata dal governo come uno dei capisaldi della Fase 2. Oggi un nuovo tassello si è aggiunto al puzzle: Pisano ha confermato che l’app si baserà sulla soluzione tecnologica a cui stanno lavorando Google e Apple, e le due società hanno da poco pubblicato la versione prova del software destinata agli sviluppatori, quella che dovrebbe consentire ai cellulari iOS e Android di comunicare tra loro i contagi. Ecco quindi come sarà alla luce di quanto emerso finora.

Obiettivo dell’app

Perchè l’app è importante per la Fase 2? Se la Fase 1 è stata caratterizzata da un lockdown generalizzato e esteso a tutto il territorio nazionale per arginare i contagi, la Fase 2 è quella in cui torneranno maggiori libertà di spostamento. L’app di base ha la funzione di individuare e segnalare in automatico le possibilità di avvenuto contagio, consentendo alle autorità sanitarie di intervenire su eventuali nuovi focolai in modo mirato.

Come funziona

L’app sarà disponibile per cellulari che hanno sistemi operativi Apple (iOS) e Google (Android). Nelle scorse settimane sono stati sollevati diversi dubbi sulla possibilità che smartphone con sistemi operativi concorrenti riuscissero a comunicare in modo efficiente, ma il lavoro congiunto dei due colossi americani ha di fatto risolto il problema. Una questione non da poco, perché è proprio sul loro software comune che si baserà anche Immuni. Il download sarà libero, gratuito e non obbligatorio.

Una volta scaricata e attivato il Bluetooth dello smartphone, l’app comincerà a generare dei codici identificativi ‘randomicì, cioè casuali e temporanei. I codici cambieranno di continuo per contribuire al loro anonimato e saranno registrati dagli altri smartphone che avranno l’app. Ogni smartphone quindi registrerà i codici degli altri device con cui sono entrati in contatto, sempre che questi abbiano scaricato Immuni. I codici, assicura il ministero, sono anonimi e crittografati. La memoria dei contatti avuti rimarrà negli smartphone solo se il contatto sarà stato di almeno 15 minuti e a meno di due metri di distanza. 

Cosa succede in caso di contagio

I dati rimarranno sul cellulare e poi raccolti da un server gestito da Sogei, mentre la loro responsabilità sarà del ministero della Salute. Se ad esempio si diventa contagiati il server, previa autorizzazione del contagiato, sarà in grado di risalire a tutti gli identificativi dei cellulari delle persone con cui si è entrati in contatto. L’app sarà in grado quindi di valutare i tempi di esposizione e i rischi di contagio.

A quel punto dal server partiranno dei messaggi di notifica alle persone che sono entrate in contatto con il contagiato nei 14 giorni precedenti e per il tempo di contatto stabilito. Quanto al contagiato, da quanto emerso finora, si sa che sarà l’autorità sanitaria a chiedere se il suo smartphone è provvisto di app di contact tracing.

A quel punto il paziente dovrebbe permettere il trattamento dei propri dati per fare in modo che sul server vengano caricati i propri codici identificativi temporanei e quelli dei soggetti con cui è entrato in contatto, sempre che questi abbiano scaricato l’app Immuni.

Il numero minimo di download

Il successo di Immuni sarà dato dal numero di persone che scaricheranno l’app. Se una persona è entrata in contatto ravvicinato con una persona contagiata, non lo saprà per tempo se sul proprio cellulare non ha scaricato Immuni. Alcuni esperti hanno stimato che almeno il 60-70% della popolazione italiana dovrà scaricare l’app per fare in modo che il sistema funzioni. Secondo il governo una percentuale del 25-30% dovrebbe già essere sufficiente.

Dati gestiti dal Ministero della Salute

La piattaforma che gestirà i dati dei contatti e dei contagiati sarà del ministero della Salute. Sarà inoltre realizzata esclusivamente con infrastrutture localizzate sul territorio nazionale e gestite da amministrazioni o enti pubblici o in controllo pubblico. I dati personali raccolti dall’applicazione saranno esclusivamente quelli necessari ad avvisare gli utenti dell’applicazione di rientrare tra i contatti stretti di altri utenti accertati positivi al Covid-19, individuati secondo criteri stabiliti dal ministero per agevolare l’adozione di misure di assistenza sanitaria.

Il ruolo di Bending Spoons

Secondo quanto chiarito alla Camera dal ministro Pisano, Bending Spoons non fornirà alcun servizio per la gestione dell’app Immuni, né avrà (o portà avere) accesso a dati o al server. La società milanese, ha precisato il ministro, ha solo fornito dei codici sorgenti e delle linee di codice. I dati verranno interamente gestiti da soggetti pubblici, e verranno raccolti privi dell’identità dell’utente. 

Cosa resta da chiarire

Il successo o meno dell’operazione Immuni resta un’incognita. Gli esperti sono molto polarizzati sull’efficacia dell’app e sul numero minimo di download necessari affinchè funzioni. In molti Paesi, ma anche nel nostro, si considera l’app una buona cartina tornasole per valutare il grado di fiducia dei cittadini nelle proprie istituzioni.

Inoltre, al momento non è ancora chiara quale sarà la procedura in caso di contagio accertato. Si sa che il paziente dovrà acconsentire all’autorità sanitaria di accedere ai propri dati registrati sull’app. Che questi andranno sul server pubblico. Ma non si sa come verranno avvisate le altre persone, il messaggio che riceveranno, cosa dovranno fare precisamente, se saranno sottoposti a tampone o messi in quarantena. Domande a cui presto il governo dovrà dare una risposta. 

@arcangeloroc

 

Vedi: Dati, contagi, notifiche: cosa sappiamo finora di Immuni (e cosa ancora no)
Fonte: economia agi


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