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A causa del coronavirus sono a rischio 23 milioni di ore di lezione

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La chiusura delle scuole in tutta Italia, fino al 15 marzo, porterà alla perdita di oltre 23 milioni di ore di lezione. A lanciare l’allarme è Tuttoscuola, testata specializzata nel settore scolastico, che però sottolinea l’importanza della didattica a distanza che potrebbe compensare e “salvarne almeno 2 milioni”. Per questo lancia l’iniziativa di solidarieta’ #LaScuolaAiutaLaScuola, proprio per aiutare le scuole meno attrezzate a organizzare le lezioni a distanza.

Su questa linea,  il portale per gli studenti Skuola.net mette in evidenza che la didattica a distanza, nelle Regioni in cui gli istituti sono chiusi già dall’inizio dell’emergenza coronavirus, “procede abbastanza bene, visto che per 7 studenti su 10 sono state subito attivate formule di smart learning”. Ma l’Unione degli studenti lancia un monito affinché i diritti non vengano sospesi e richiede un incontro alla ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina, perché, sostengono, il ministero “non ha dato delle linee guida chiare alle scuole”.

I calcoli di Tuttoscuola

Nei dieci giorni di chiusura delle scuole, dal 5 al 15 marzo, il sistema scolastico nazionale perderà più di 23 milioni di ore di lezione (di cui 18,5 milioni nelle scuole e negli istituti statali), che andranno ad aggiungersi agli oltre 8 milioni di ore di didattica già saltata dal 24 febbraio al 4 marzo. Più precisamente dal 5 al 15 marzo, tra istituti statali e paritari, nelle scuole dell’infanzia non potranno essere svolte 5 milioni e 400 mila ore di attività educativa; nelle scuole primarie le ore di lezione in aula che non potranno essere svolte saranno oltre 7 milioni e 350 mila; nelle scuole secondarie di I grado verranno a mancare 3 milioni e 700 mila ore di lezione; negli istituti della secondaria di II grado, tra licei, istituti tecnici e professionali non si effettueranno in aula circa 6 milioni e 750 mila ore di lezione.

Quante ore di lezione potranno essere recuperate con la didattica a distanza? Non è facile saperlo. Ma considerato che negli ultimi giorni diverse scuole hanno raccolto l’appello ministeriale o già si sono attivate di propria iniziativa, si può stimare che nei prossimi giorni tra l’8% e il 10% delle scuole cercheranno di svolgere attività didattica online. L’iniziativa #LaScuolaAiutaLaScuola, viene spiegata, vuole favorire il gemellaggio tra scuole ed è aperta a tutti coloro che vorranno dare il loro contributo in questo delicato momento.

Il progetto ha già ricevuto ad esempio l’adesione di diverse aziende che hanno messo gratuitamente a disposizione delle scuole piattaforme e materiali. Verranno realizzati dei webinar per suggerire ai docenti come poter mantenere rapporti a distanza con i propri studenti.

I dati di Skuola.net

In concomitanza con la chiusura delle scuole in tutta Italia, il portale degli studenti Skuola.net spiega di aver voluto vedere come ha funzionato la didattica a distanza nelle Regioni in cui gli istituti sono chiusi già dall’inizio dell’emergenza coronavirus. Lo strumento più usato – specie alle scuole medie – è il registro elettronico, con le sue funzionalità avanzate. Circa 1 su 3 si è rivolto alle piattaforme dedicate alla didattica online, per creare lezioni interattive in video-conferenza.

In concreto, però, quasi sempre ci si limita a inviare compiti ed esercizi da svolgere. Poche spiegazioni. Anche se in 1 caso su 5 i professori hanno proceduto ad effettuare anche verifiche e interrogazioni a distanza. Anche laddove la scuola non ha messo in piedi nessuna iniziativa ufficiale, i professori si sono organizzati autonomamente, soprattutto inviando materiali ed esercizi ai propri alunni.

Un metodo, quello dello smart learning, che però non piace a più della metà dei ragazzi: a loro modo di vedere a casa ci si distrae troppo e i professori non riescono a giudicare bene la preparazione. Inoltre, i docenti, avendo gli studenti a casa hanno notevolmente aumentato il carico di compiti. Ora però tocca alle regioni del centrosud, sarà il vero banco di prova. Ma è stata opportuna la chiusura in tutta Italia? A detta degli studenti sì, anche perché nei loro istituti l’igiene è continuata a essere latitante: solo il 38% riporta di interventi di sanificazione.

La posizione dell’Unione degli Studenti

Giulia Biazzo coordinatrice nazionale, spiega: “Ci vengono segnalate numerose difficoltà rispetto alle misure adottate da parte del governo e dal ministero dell’Istruzione, che non ha dato delle linee guida chiare alle scuole. La ministra ha dato indicazioni per attivare percorsi di didattica online, ma senza alcuna tutela per garantire il diritto allo studio a tutti coloro che non hanno i mezzi necessari o la connessione internet. Il ministero non ha costruito delle proprie piattaforme online, ma ha lasciato che i privati definissero le metodologie didattiche alternative per gli studenti ed inoltre non è chiaro se e come dovrebbero essere valutati gli studenti, se non esiste chiarezza rispetto ai programmi o agli obiettivi da perseguire”.

“È assurdo mettere in quarantena le scuole in zone dove il virus non è un pericolo, quando dovrebbero avere il ruolo di educare alle buone pratiche e di ridurre la psicosi collettiva – conclude Biazzo – per queste ragioni abbiamo chiesto un incontro alla ministra Azzolina: non è possibile sospendere i diritti fondamentali degli studenti”.  

Vedi: A causa del coronavirus sono a rischio 23 milioni di ore di lezione
Fonte: cronaca agi


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