Si riapre il dialogo tra Usa e Iran? Dopo le aperture del presidente americano Donald Trump, forse qualcosa si muove. A Teheran non respingono "a priori" la proposta, dicono che il dialogo non va considerato un tabù, anche se insistono che gli Usa devono tornare a rispettare l'accordo nucleare prima di un nuovo negoziato.
"La proposta di Trump non va respinta a priori ma deve essere discussa attentamente nel Consiglio Supremo di sicurezza nazionale", ha detto Ali Akbar Nateq Nouri, membro del Consiglio per la determinazione degli interessi dello Stato. Del resto, Trump sembra averci preso gusto. Dopo i riflettori puntati sui due storici bilaterali -il primo con il dittatore nordcoreano, Kim Jong-un, l'altro con il presidente russo Vladimir Putin – punta forse adesso a un faccia a faccia con il presidente iraniano, Hassan Rohani: al termine dell'incontro con il premier Giuseppe Conte, si è detto disposto a trattare con l'Iran senza precondizioni. Un'apertura che segna una inversione a U nella linea dura fin qui tenuta.
Era già successo con il giovane dittatore nordcoreano: per mesi lo aveva liquidato come 'rocket man' e lo aveva minacciato di annientarlo, poi di punto in bianco ha voltato pagina e ha voluto organizzare il summit di Singapore. Il modulo sembra ripetersi anche stavolta visto che appena una settimana fa Trump aveva pesantemente messo in guardia Rohani: "Non minacciate gli Usa o subirete conseguenze che mai nessuno ha visto nella storia". Ora invece lancia prove di dialogo e spiazza la stessa sua amministrazione se il segretario di Stato, Mike Pompeo, si è affrettato a dettare le precondizioni per il dialogo. Secondo Nateq Nouri, "il trucco di Trump è sempre lo stesso: prima fa il duro. E se l'avversario non si lascia intimidire, cambia rapidamente strategia".
Dopo aver ritirato Washington dall'accordo sul nucleare del luglio 2015, Trump ha reimposto le sanzioni contro Teheran e ha concesso dai tre ai sei mesi alle aziende che operano nel Paese per ritirare i propri investimenti se non vogliono subire misure punitive che ne limitino l'accesso al mercato statunitense. Le sanzioni entreranno in vigore in due fasi, prima ad agosto e poi a novembre, a seconda del settore (vendita di petrolio e gas al secondo turno). Per tutta risposta, negli ultimi mesi, Teheran ha minacciato di chiudere lo stretto di Hormuz. E oggi l'ammiraglio Hossin Khanzadi, comandante della Marina iraniana, ha ripetuto che i militari aspettano "solo l'ordine del Leader della rivoluzione islamica" per chiudere lo stretto di Hormuz. Il settore energetico è di vitale importanza per l'economia dell'Iran, che il mese scorso ha esportato 2,8 milioni di barili di petrolio e condensati. Ma l'angusto braccio di mare tra l'Iran e l'Oman, da dove passa quasi un terzo della fornitura mondiale di petrolio, è importante per i commerci non solo di Teheran.
Vedi: Quegli spiragli di dialogo tra Stati Uniti e Iran
Fonte: estero agi