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La gestione dell’emergenza a Catania? Cause e conseguenze disegnano un management inadeguato. Seconda parte

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La gestione dell’emergenza a Catania? Cause e conseguenze disegnano un management inadeguato.

Seconda parte

di Redazione

Continua l’odissea infernale dell’aeroporto di Catania. Tutti colpevoli nessun colpevole. Intanto una bella botta o batosta la registra il turismo nell’isola.

‘Vittorio Messina, presidente di Confesercenti Sicilia e di Assoturismo, sul «terremoto scatenato sugli aerei in arrivo e in partenza da Catania dopo l’incendio nello scalo: i viaggiatori non si fidano più e in assenza di una data certa sulla completa riapertura di Fontanarossa, per non correre il rischio di ritrovarsi con voli spostati da un aeroporto all’altro o peggio ancora cancellati, preferiscono rinunciare alla vacanza siciliana».

La situazione delle partenze il 31 luglio – dopo 12 giorni

Presidente Crispino, riprendiamo la nostra conversazione da dove l’abbiamo lasciata. Lei definisce sia l’A.D. sia il management con il termine inglese UNFIT – INADEGUATO.

La questione del management inadeguato. Il caos di questi giorni non sarebbe mai stato giustificato da un vero management. I tentativi del presidente della Regione Schifani, del ministro Salvini ed altri di difendere la totale assenza di capacità e idee di Fontanarossa fa pensare che ci sia qualche comune interesse di difesa reciproca che andrebbe indagato dalle autorità inquirenti. Oppure un’inadeguatezza e impreparazione generalizzati che lasciano perplessi sulla possibilità di scegliere le figure manageriali. Gli incendi, le interruzioni di corrente e la mancanza d’acqua conseguente di questi giorni dimostrano un’inadeguatezza sistematica. hanno miseramente fallito questa prova di emergenza tutti gli attori coinvolti.

Si vocifera che si sono state pressioni sui lavoratori che dipendono da imprese coinvolte nei servizi SAC.  Un’accusa grave e preoccupante se fosse vera. Le risulta?

Anche in occasione di questo incendio alcuni dipendenti hanno manifestato la loro paura e insoddisfazione per la sicurezza in aeroporto. Questi commenti sono spariti dal web. A giudicare dal ricorso facile alla querela usato dai vertici SAC e dai rifiuti a fornire risposte alle interrogazioni parlamentari e alle richieste di accesso agli atti, deduciamo che possano essere state esercitate pressioni su dipendenti delle società che lavorano a Fontanarossa perché non dicano quel che hanno vissuto in questi giorni e durante l’incendio. Se non è vero, si dimostri che i dipendenti sono liberi di vivere e protestare, se nel giusto. Anche in questo caso, la gestione appare arbitraria e a nostro avviso incompetente. Se lo stile gestionale è lo stesso per tutti gli aspetti, non dovrebbe essere sorprendente il nostro giudizio.

Riesce lei ad avere una presumibile quantificazione dei danni economici?

Sono incalcolabili. Le poche fabbriche che abbiamo non hanno la possibilità di far viaggiare i loro funzionari. Chi ha un investimento in corso è costretto a ritardare interventi e attività. La concomitante mancanza di elettricità e quindi di acqua a Catania ha devastato l’ospitalità in Sicilia. Questi danni ricadranno sulle compagnie aeree che si rivarranno sull’aeroporto di Catania, anzi sulla SAC. Alcuni calcolano in quaranta milioni al giorno il danno per la Sicilia. Insostenibile.

I nostri conteggi parlano di un debito possibile davvero monstre: più di cento milioni. I soci di SAC dovranno mettere mano al portafoglio. Speriamo questa eventualità non li faccia cadere in default.

Quindi ritiene che vi possa essere un rischio reale di bancarotta e di ingenti danni per i contribuenti?

È possibile che la SAC possa essere ridotta alla bancarotta a breve, a causa dell’incendio. La fortuna è che non ci sono state vittime, ma solo perché il fuoco è divampato di notte, con pochissimi passeggeri nelle sale aeroportuali. Solo per aver messo a rischio la vita dei passeggeri, gli amministratori devono essere allontanati immediatamente. Il giudizio ‘unfit’ resta anche per la possibilità che tutti i danneggiati propongano richiesta di pagamento alla SAC. La proprietà è delle Camere di Commercio socie sono esposte a richieste di risarcimento difficilmente calcolabili, ma che potrebbero secondo molti consistere in quaranta milioni di euro al giorno. Oggi è il decimo giorno e pertanto le richieste di danni potrebbero arrivare a quattrocento milioni. SAC, se questo scenario si dovesse verificare, andrebbe incontro al fallimento e trascinerebbe con sé le Camere di Commercio. Il debito è di tale entità che la Regione Siciliana non potrebbe reggere questo peso, a meno di azzerare la spesa sanitaria, quella per istruzione o delle spese obbligatorie.

Un management che rischia di creare il tracollo di tutte le istituzioni regionali.

Privatizzare Fontanarossa o la SAC?

Questo aeroporto non può essere venduto, specie in queste condizioni. Al contempo, l’aeroporto di Catania ha dimostrato di essere un’infrastruttura strategica.

Il punto non è alienare Fontanarossa, ma affidarla a persone capaci, competenti, intelligenti. Queste caratteristiche sembrano latitare in questi giorni. La sostituzione in blocco del management, la revisione di tutti i conti aeroportuali e il controllo di tutti i curriculum dei dirigenti e delle funzioni apicali devono essere svolti. È un lavoro di un paio d’ore e può e deve essere fatto all’istante, per consentire l’esecuzione di azioni semplici e risolutive.

Eppure, vi sono figure istituzionali come Schifani e Tajani hanno preso posizione con una difesa di ufficio. Non le sembra di esagerare nel suo j’accuse?

Quanto alle figure istituzionali che difendono l’indifendibile e continuano a non prendere alcuna iniziativa, dovrebbero anche loro prendere la strada delle dimissioni.

Chi ha votato questo personale politico, deve prendere coscienza che i favoritismi non producono nemmeno vantaggi personali. I danni di questi giorni equivalgono a quelli procurati dal blocco del COVID e certamente la nostra immagine internazionale è a pezzi.

Le critiche alla SAC e al suo amministratore delegato vanno oltre all’evento incendiario.

È dimostrato che l’amministratore delegato di SAC è unfit-inadatto per fare questo lavoro e bene farebbe l’Enac a sollevarlo dall’incarico.

La sua capacità di reazione all’evento incendiario che si è sviluppato all’aeroporto, a prescindere dalle cause che lo hanno scatenato, è stata nulla.

Se, come sembra, nulla ha funzionato dei sistemi di allarme e spegnimento automatico, l’attività di vigilanza e impulso che avrebbe dovuto introdurre, avrebbe potuto essere sufficiente per far perdonare la sua incapacità di gestione. Ma così non è stato. Ancora non abbiamo una data nemmeno plausibile per la riapertura, mentre il calcolo dei danni continua a spostare la linea di sostenibilità finanziaria che già è aldilà della sopportazione.

Le polemiche su SAC, prima dell’incendio, consistevano negli affidamenti di incarichi per decine di milioni di euro senza gara. Tra questi affidamenti, consulenti e professionisti per curare i rapporti con i media, la Procura della Repubblica, la politica. Gestire la comunicazione non significa però che l’aeroporto internazionale funzioni. Né questo approccio rende Catania un hub internazionale, come recita un documento autoprodotto da ENAC che oggi dimostra essere destituito di fondamento. Catania, per come è ridotta, non è affatto un hub, ma un aeroporto gestito da mani unfit.

Secondo lei, con la sua esperienza, cosa avrebbe potuto fare un management capace?

Per evitare l’isolamento di buona parte della Sicilia e il tracollo economico della Sicilia orientale, oltre che trascinare nel ridicolo l’intera popolazione siciliana, il management avrebbe dovuto:

  • correre sul posto all’istante, appena divulgata la notizia dell’incendio;
  • Avviare subito l’uso degli spazi di Comiso, senza attendere più di dodici ore e ripristinare in velocità tutti i servizi, abbandonati da tempo, evidentemente;
  • attivare le sale disponibili e non interessate dall’incendio, come il terminal C e l’aerostazione Morandi, senza decidere, sotto la pressione della paura e dell’assenza di piani di emergenza, la chiusura di Catania Fontanarossa. Dobbiamo all’ENAC se l’aeroporto di Catania ha riaperto un giorno dopo l’incendio.
  • convocare immediatamente le squadre operative sia interne alla SAC che degli Handler per fare funzionare Comiso. Ancora oggi il coordinamento tra società di gestione e Handler sembra slabbrato. E sono passati dieci giorni.

Comiso ha comunque retto 52 voli, 26 in entrata e altrettanti in uscita. Fontanarossa avrebbe potuto reggere altri 70 voli in entrata e in uscita, grazie agli spazi disponibili e la dotazione tecnica che l’aeroporto dovrebbe avere e che sarebbe sovrabbondante, per affrontare l’emergenza. Seppure fosse stato insufficiente, i costi da affrontare per rendere il più ampio possibile il mantenimento dei voli a Catania sarebbe costato infinitamente meno di quel che costerà questa lunga crisi.

Montare tensostrutture nel lato pista (airside) di dimensioni molto più ampie rispetto a quelle montate adesso. Le due tende fornite dall’Aeronautica Militare sono di 52 metri quadri ciascuna e rappresentano uno spazio sufficiente per un centinaio di persone in tutto. Per averle, è stato mobilitato un Hercules c130 e le relative squadre di militari. Solo il trasporto e il montaggio di quelle due tende, oggettivamente poco utili anche se fresche, ammonta a non meno di 30mila euro. La loro utilità è tutta da dimostrare, senza il pieno funzionamento dell’aerostazione Morandi.

Per la gestione dei bagagli, occorre acquisire due nastri trasportatori che possono essere facilmente recuperati da qualsiasi fornitore di macchine utensili, tanto per l’edilizia che per imprese manifatturiere.

Altri errori nella gestione dell’aereostazione?

l’unico problema autentico per l’aeroporto di Catania è lo spazio fisico per i check-in e gli imbarchi. Lo spazio per le emergenze nella stazione Morandi c’è. A meno che quello spazio non sia gestito per altro. Vorremmo sapere per cosa viene utilizzato. Stoccaggio di macerie? O c’è dell’altro?

Per ovviare alla mancanza di rete informatica, SAC avrebbe dovuto chiamare le compagnie aeree per lasciare il web check-in aperto fino a mezz’ora prima del volo. È stato fatto? No.

La scelta di usare gli stessi server per Catania e Comiso è un’altra scelta manageriale scorretta. I rischi di disconnessione da una rete rientrano nei rischi sistemici, cioè quei rischi che impediscono ad un’impresa di lavorare per fattore non dipendente dalla propria volontà. Per la corrente elettrica si aggiunge alla fornitura di rete uno o più generatori. Per le reti intranet si creano sistemi ridondanti e paralleli in luoghi diversi, proprio per garantire che, se un sistema produce un malfunzionamento, l’altro resta operativo. Perché questa banale regola di gestione delle imprese di tutto il mondo non è stata prevista nell’aeroporto di Catania? Per inadeguatezza.

A giudicare dalle comunicazioni della stessa SAC le vere e proprie azioni di bonifica sono cominciate otto giorni dopo l’incendio. Perché?

Ad oggi, il sospetto è che si continuino a coinvolgere enti e istituzioni che nulla hanno a che fare con la necessità di affrontare l’emergenza, ma più per ragioni di comunicazione e immagine, oltre che per cercare corresponsabilità. Un buon manager non ha bisogno di simili mezzi.

Scusi, ma alle incapacità di SAC non avrebbe dovuto sostituirsi ENAC?

Resta il mistero del perché ENAC non destituisca l’amministratore delegato, il direttore e i vertici aeroportuali, considerato che sono state messe a rischio le vite delle persone presenti in aeroporto. Tuttora le sofferenze dei passeggeri sono notevoli. Nelle stesse condizioni, le compagnie aeree vengono messe a terra. Perché per questo aeroporto si usa tanta tolleranza?

Perché per i tanti errori qui sopra elencati le istituzioni continuano a ripetere il doverci stringere a coorte? Attorno a chi o a cosa? La Procura che ne dirà?

In conclusione, in sintesi, può raccontarci la storia di Aerolinee Siciliane di cui lei è presidente?

Aerolinee Siciliane S.p.A. è una compagnia aerea composta da soci siciliani che ha tentato la strada della collaborazione con le istituzioni e con l’aeroporto di Comiso e con la SAC. Ci siamo trovati davanti ad un muro, mascherato da disponibilità formale iniziale e rifiuti continui. Per parte nostra, abbiamo sempre e solo chiesto il rispetto delle norme nazionali e internazionali. Le risposte che ci sono state date in modo bislacco e fuorviante. Fotografia di questo atteggiamento negativo, la ridotta possibilità concessa agli organi giudicanti di prendere decisioni come quella di assegnarci un’area per la creazione di un centro di manutenzione. La richiesta, che abbiamo recentemente reiterato, è stata nuovamente bocciata. La ragione è sempre la stessa: Aerolinee Siciliane dovrebbe adeguarsi a un piano di sviluppo aeroportuale che non ci è mai stato consegnato e non è disponibile pubblicamente.

 

Mistero. Ai posteri d’ardua sentenza, su questa vicenda Kafkiana, che ha messo in ginocchio la Sicilia e il suo turismo. Piovono disdette a pioggia.

Una bella botta o batosta. In quel vernacolo siciliano quando siamo arrabbiati, quando dobbiamo contare o quando abbiamo a che fare con un evento emotivamente intenso, noi siciliani diciamo: «Botta d’acitu, botta di sali, botta di vilenu, botta di sangu».

O come sostiene il Crispino: UNFIT – INADATTO

 

Luigi Crispino, imprenditore con MBA conseguito presso l’ISIDA e internship in una multinazionale USA, prima di diventare imprenditore nel settore aeronautico, decano del trasporto aereo civile italiano e siciliano e già gestore degli aeroporti di Pantelleria e Lampedusa.