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24 luglio 1923. Edoardo Agnelli eletto presidente della Juventus

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Il 24 luglio del 1923 Edoardo Agnelli fu eletto presidente della Juventus. Sull’evento, che segnò l’inizio del sodalizio tra la squadra e la famiglia Agnelli che dura fino ai nostri giorni, proponiamo un passo del libro di Aldo Agosti e Giovanni De Luna “Juventus, storia di una passione italiana, dalle origini ai nostri giorni

“ …Il 28 luglio 1923, “La Stampa” annunciava che all’assemblea della Juventus del 24 luglio l’avvocato Edoardo Agnelli era stato eletto per acclamazione presidente del club, mentre Gino Olivetti restava presidente onorario. Cominciava una nuova era per la Juventus, la cui sorte sarebbe rimasta da allora e fino a oggi – con la breve parentesi del periodo 1935/1947 – saldamente legata alla famiglia dei proprietari della Fiat.

Edoardo Agnelli, unico figlio maschio di Giovanni, aveva allora da poco compiuto trent’anni (era nato il 2 gennaio 1892 a Verona) e, dopo gli studi in legge, durante la grande guerra aveva assunto come luogotenente la direzione del parco automobilistico dello Stato maggiore italiano. Finita la guerra, era stato messo a capo della RIV, la società produttrice di cuscinetti a sfera che operava a Villar Perosa, nel feudo di famiglia. L’avvento del giovane Edoardo alla presidenza del club era l’esito abbastanza logico dell’evoluzione che la Juventus aveva conosciuto nel periodo postbellico: già sotto la presidenza di Olivetti, da società di studenti benestanti, di sportsman borghesi e aristocratici, si era trasformata in impresa, con la tendenza ormai inarrestabile al professionismo. Per raccogliere le risorse economiche necessarie, l’autofinanziamento non era più sufficiente, per quanto abbienti fossero i componenti del nucleo fondatore.

La ricerca di mecenati era diventata un fenomeno comune nel mondo del calcio: Piero Pirelli fu presidente del Milan dal 1909 al 1928 e fece costruire a sue spese lo stadio di San Siro, mentre Senatore Borletti acquisì la proprietà dell’Inter nel 1926. Il titolare della nota ditta di spumanti Enrico Marone Cinzano era diventato nel 1922 vicepresidente della nuova società Cinzano, nel cui Consiglio di ammninistrazione sedevano, oltre al padre Alberto, anche Edoardo Agnelli e Alfonso Ferrero di Ventimiglia. Una prossimità dovuta alla condivisione di cariche societarie, quindi, ma anche una cerchia amicale dalla quale è probabile sia scaturita la scelta comune di indirizzare verso il calcio le moderne esigenze di “pubblicizzare” l’azienda. Sta di fatto che nel 1924, l’anno successivi all’avvento alla presidenza della Juventus di Edoardo Agnelli, Marone Cinzano diventò presidente del Torino. Quanto alla società bianconera, si racconta che all’origine dell’ingresso della famiglia Agnelli nella società ci sia stata l’intraprendenza di un giocatore, il terzino Antonio Bruna, operaio della Fiat, che per allenarsi insieme ai compagni aveva bisogno del permesso dell’azienda: incitò quindi il consigliere Sandro Zambelli ad andare da Giovanni Agnelli per trovare una soluzione. Che Agnelli fosse vicino alla Juventus era cosa nota: nell’occasione della sua nomina a senatore, nel marzo 1923, “Hurrà!” gli aveva dedicato un lungo articolo, che illustrava con dovizia di particolari e perfino di fotografie la storia della Fiat. Zambelli dunque non ebbe difficoltà a ottenere il permesso, e pochi giorni dopo lo stesso Bruna avrebbe avuto l’ardire di chiedere a Edoardo, figlio di Giovanni, di assumere la presidenza, sentendosi rispondere di sì.

Sia vera o no la storia (ma in fondo non c’è motivo di dubitare che lo sia), è un fatto che i proprietari della Fiat si erano già segnalati per la loro partecipazione a iniziative sportive. Già nel 1921 la “Vittorio Alfieri”, messa in palio dalla Juventus in una manifestazione in cui si affrontarono squadre formate da liceali, fu offerta dal fondatore della Fiat, che aveva anche creato un gruppo sportivo per i suoi operai comprendente una nutrita sezione calcistica. Più concretamente gli Agnelli si erano impegnati in un processo di espansione che oltrepassava i limiti dell’industria meccanica, con l’acquisto di importanti quote azionarie, per esempio della Rinascente e della SAI di Milano. Anche se il calcio non era ancora un’attività economica in senso proprio, la creazione della SSS e gli esordi del professionismo lasciavano sperare che questo sport potesse costituire un ambito in cui reinvestire una piccola parte dei profitti di guerra attraverso l’acquisizione del controllo di una delle associazioni più importanti della vita sportiva torinese.

Agnelli diede immediatamente al club una forma organizzativa precisa, registrando presso il Tribunale di Torino una società anonima a capitale interamente privato, la Juventus Organizzazione Sportiva Anonima (OSA), che si riprometteva di dare impulso anche allo sviluppo di discipline diverse da quella principale del calcio, inizialmente il tennis e più tardi, dal 1930, le bocce: se ne occupava, all’interno del nuovo impianto di corso Marsiglia, un club sociale autonomo, il Circolo sportivo Juventus. Nel 1924 una sua articolazione, il Tennis club Juventus, organizzò perfino un torneo internazionale che vide la partecipazione di giocatori inglesi e del campione italiano Riccardo Sabbadini, che aveva vinto il titolo del singolare nel 1920 e nel 1923.

A favorire l’impegno della Fiat nelle attività sportive e più specificamente nel calcio, concorreva probabilmente un contesto di tensioni sociali che, nel 1923, a Torino non si erano ancora del tutto spente. Del rapporto sul “movimento culturale e sportivo della classe operai torinese” redatto in quell’anno da Oreste Bertero per l’Ufficio internazionale del lavoro si apprende che, già qualche mese prima dell’avvento di Edoardo Agnelli alla presidenza, in qualche occasione la Juventus aveva accordato agli operai delle fabbriche cittadine l’ingresso gratuito alla partite di campionato e che ai lavoratori della Fiat era concessa una forma particolare di associazione al club. La notizia non risulta confermata dalle pagine di “Hurrà!”, ma anche se l’iniziativa fosse stata occasionale sarebbe comunque da ritenersi significativa.

Per i dirigenti del club, che furono tutti confermati, l’arrivo di Edoardo Anelli portò un’autentica boccata d’ossigeno, dopo i costi che si erano addossati per la costruzione dello stadio. La nuova proprietà lasciò praticamente inalterati gli organigrammi dei vertici: solo nel giugno del 1925 si registrò qualche cambiamento, quando entrò nel Consiglio direttivo Giovanni Mazzonis, che della Juventus era stato giocatore ai primi del secolo, mentre Umberto Malvano subentrò a Sandro Zambelli come vicepresidente. Si rinnovavano così antiche consuetudini amicali e familiari: la famiglia Mazzonis abitava in pieno centro di Torino, in corso Vittorio Emanuele angolo via Parini, a meno di cento metri dal Liceo Massimo D’Azeglio, nello stesso stabile in cui vivevano i fratelli Ferdinando e Umberto Nizza. I Mazzonis avevano almeno tre avviatissime aziende tessili, una a Pralafrera, l’altra a Luserna e una terza a Pont. Il legame tra la nuova dimensione industriale e quella giovanile e studentesca degli inizi diventava in maniera ancora più evidente il tratto peculiare della realtà juventina”.

(Aldo Agosti e Giovanni De Luna “Juventus, storia di una passione italiana, dalle origini ai nostri giorni”, UTET, Torino, 2019 pagine 59-63