A livello mondiale una persona su nove è denutrita. La denutrizione causa il grave deperimento di 52 milioni di bambini nel mondo, provocandone la morte per circa il 45%, con una stima di 3,1 milioni di bambini sotto i cinque anni che muoiono ogni anno. L’obiettivo n. 2 dichiara che entro il 2030 bisogna porre fine alla fame e a ogni forma di malnutrizione
di Gianni De Iuliis
A livello mondiale una persona su nove è denutrita. La denutrizione causa il grave deperimento di 52 milioni di bambini nel mondo, provocandone la morte per circa il 45%, con una stima di 3,1 milioni di bambini sotto i cinque anni che muoiono ogni anno. La malnutrizione cronica limita anche la crescita cerebrale e fisica, esponendo i bambini a ulteriori rischi di morte e malattie in età adulta. A partire dal 2017 solo 26 dei 202 paesi membri delle Nazioni Unite sono sulla buona strada per raggiungere l’obiettivo di sviluppo sostenibile con lo scopo di eliminare la denutrizione e malnutrizione, mentre il 20% non ha fatto alcun passo avanti e quasi il 70% non ha dati a sufficienza per determinare i propri progressi.
Circa il 70 per cento delle persone denutrite dipende dall’agricoltura per la propria sopravvivenza.
Infatti l’obiettivo 2 si prefigge anche di combattere la malnutrizione in tutte le sue forme. La qualità dell’alimentazione è infatti importante tanto quanto la quantità. All’interno di tale obiettivo sono compresi altresì alcuni aspetti economici legati al Primo settore, come il raddoppiamento della produttività agricola e del reddito dei piccoli agricoltori entro il 2030. Infine è assolutamente necessario che l’incremento della produzione alimentare non vada a scapito dell’ambiente, pertanto è parte integrante di tale obiettivo garantire un’agricoltura sostenibile.
Dunque bisogna considerare con estrema attenzione come si coltiva, come si condivide e come si consuma il cibo.
Se gestite adeguatamente, l’agricoltura, la silvicoltura e la pesca possono offrire cibo nutriente per tutti e generare redditi adeguati, sostenendo uno sviluppo rurale centrato sulle persone e proteggendo l’ambiente.
Innanzi tutto bisogna frenare il degrado che stanno subendo i suoli, i fiumi, i mari, le foreste e la biodiversità. Inoltre è necessario trovare soluzioni a livello mondiale per fronteggiare i rischi associati ai disastri ambientali come siccità e alluvioni, sovente legati ai mutamenti climatici.
E’ pertanto necessario un cambiamento profondo nel sistema mondiale agricolo e alimentare se vogliamo nutrire quasi 800 milioni di persone che oggi soffrono la fame e altre 2 miliardi di persone che abiteranno il nostro pianeta nel 2050.
Il settore alimentare e quello agricolo offrono soluzioni chiave per lo sviluppo, e sono vitali per l’eliminazione della fame e della povertà.
L’agricoltura in Europa è un settore dominato da aziende di piccole dimensioni. Il 65% ha una superficie inferiore ai 5 ettari e solo il 3% delle aziende agricole dell’Unione Europea raggiunge i 100 ettari. La struttura dell’agricoltura UE si conferma dominata da over 60. L’età di chi conduce aziende agricole fa registrare solo un 11% di gestori con meno di 40 anni. Poco più della metà del fatturato agricolo dell’UE proviene da Francia, Germania, Italia e Spagna.
In Italia – sottolinea la Coldiretti – è stato generato quasi un quinto del valore aggiunto dell’intero sistema agricolo della Unione Europea con un contributo pari al 16,8% sul totale di 188,7 miliardi di euro nel 2019.
Oggi l’agricoltura è anche la più green d’Europa, con 300 specialità Dop/Igp riconosciute a livello comunitario e 415 vini Doc/Docg, 5155 prodotti tradizionali regionali censiti lungo la Penisola, la leadership nel biologico con oltre 60mila aziende agricole bio, e il primato della sicurezza alimentare mondiale con il minor numero di prodotti agroalimentari con residui chimici irregolari.
L’Italia è uno dei paesi più «rosa d’Europa», con il 32% di donne a gestire le aziende. In Italia sono oltre 1 milione i lavoratori che nel 2017 hanno contribuito al settore agroalimentare, pari al 5,5% degli occupati totali: 919 mila in agricoltura, silvicoltura e pesca e 465 mila nell’industria alimentare, delle bevande e del tabacco. Un dato che rispetto a dieci anni fa registra un calo del 6,7%, comunque quasi un terzo rispetto alla perdita di lavoratori del settore primario registrata in media dall’Europa (-17,5%). È quanto emerge dal “Rapporto sulla competitività dell’agroalimentare italiano” curato da Ismea nel 2017 che registra un trend negativo dell’occupazione agricola nel lungo periodo e di carattere strutturale, comune a tutte le economie avanzate, anche se tra il 2013 e il 2017 si registra una ripresa con una crescita del 3% in controtendenza con l’Europa (-7,4%). Nell’industria alimentare l’occupazione è cresciuta nel decennio e oggi è al +2% rispetto al 2007, a differenza dell’intera economia; negli ultimi 5 anni l’incremento è del 3,4%. Ci sono altri aspetti che caratterizzano il settore agricolo italiano: quella italiana è l’agricoltura multifunzionale d’Europa, grazie a un valore di 4,5 miliardi di euro delle attività secondarie agricole, come l’agriturismo, le vendite dirette e la produzione di energie rinnovabili.
L’agricoltura italiana raggiunge risultati positivi in termini di eco-efficienza, ma permangono i fenomeni di sfruttamento del lavoro e di evasione fiscale, del tutto incompatibili con un concetto di sviluppo sostenibile che consideri anche la dimensione sociale.
Nell’ultimo anno però sono mancati interventi riguardanti la nutrizione, l’applicazione di pratiche agricole resilienti che aiutino ad aumentare la produttività e la conservazione degli ecosistemi e la diversità genetica di piante e animali, mostrando come siano ancora diversi gli ambiti di intervento che necessiterebbero di maggiore attenzione.
L’emergenza sanitaria in atto, legata al diffondersi del Covid-19, ha interessato in modo specifico il settore agricolo e della pesca. L’attività di coltivazione è stata inclusa tra quelle ritenute necessarie e, quindi, non soggette ai divieti imposti per le altre attività produttive. Viste le difficoltà operative che rendono in taluni casi impossibile lo svolgersi dell’attività e in altri impongono una limitazione della stessa, il Governo ha previsto, con i decreti – legge cosiddetti “Cura Italia”, “Liquidità”, “Rilancio”, “Semplificazioni”, “Agosto” e “Ristori”, tutti convertiti in legge dal Parlamento, specifiche misure di sostegno sociale, interventi a garanzia della liquidità delle imprese agricole, misure per la promozione all’estero del settore agroalimentare e l’incremento del Fondo per la distribuzione di derrate alimentari.