di Gianni De Iuliis
Il 17 marzo 1861 Vittorio Emanuele II, già Re di Sardegna, assumeva per sé e per i suoi discendenti il titolo di Re d’Italia. Dal punto di vista istituzionale e giuridico il nuovo Regno fu una monarchia costituzionale, secondo la lettera dello Statuto Albertino del 1848. Il Re nominava il governo, che era responsabile di fronte al sovrano e non al Parlamento; il re manteneva inoltre prerogative in politica estera e, per consuetudine, sceglieva i ministri militari.
Fino al referendum del 02 giugno 1946, in cui fu modificato l’assetto istituzionale in Repubblica, i re che si sono succeduti nel Regno d’Italia sono stati: Vittorio Emanuele II (1861-78), Umberto I (1878-1900), Vittorio Emanuele III (1900-1944), Umberto II (1944-1946).
Fino al 1876 i governi furono espressione del raggruppamento politico convenzionalmente noto come Destra Storica, per distinguerla dai partiti e movimenti di massa di destra che si erano affermati in precedenza all’estero o che si sarebbero affermati nel corso del XX secolo. Tale raggruppamento, erede di Cavour, era espressione della borghesia liberal-moderata. I suoi esponenti erano soprattutto grandi proprietari terrieri e industriali, nonché militari (Ricasoli, Sella, Minghetti, Spaventa, Lanza, La Marmora, Visconti Venosta). Nel 1882 si trasformò in Partito Liberale Costituzionale (PLC).
Dal 1876 al 1896 i governi furono espressione del raggruppamento politico convenzionalmente noto come Sinistra Storica, per distinguerla dai partiti e movimenti di massa di sinistra che si erano affermati in precedenza all’estero o che si sarebbero affermati nel corso del XX secolo. Tale raggruppamento era espressione della media borghesia e i suoi esponenti erano in maggior parte avvocati (Rattazzi, Depretis, Cairoli, Crispi, Giolitti).
Durante il ‘900 i governi più significativi, fino al referendum del 1946, furono quelli di Giolitti e Mussolini.
Le elezioni che diedero vita alla prima legislatura del Regno d’Italia (che ebbe il nome di VIII essendosi stabilito che si dovesse proseguire la numerazione delle legislature del Parlamento del Regno di Sardegna) furono indette per i giorni 27 gennaio e 3 febbraio 1861. Le elezioni si effettuarono, in base alla nuova legge elettorale varata il 17 dicembre 1860, con il sistema dello scrutinio uninominale a suffragio ristretto. Il Regno venne diviso in 443 collegi e ciascun collegio eleggeva un solo deputato. Gli elettori chiamati alle urne furono 418.696 (l’1,90% della popolazione residente) e i votanti 239.583 (il 57,20% degli aventi diritto).
Il primo governo del Regno d’Italia fu guidato da Cavour. Ebbe breve durata, da marzo a giugno 1861, a causa della morte del conte.
«Fatta l’Italia, bisogna fare gli italiani». Questa frase di Massimo d’Azeglio rappresenta la situazione italiana nel 1861. Il nuovo Stato italiano non è espressione di un popolo. La popolazione continua a essere sostanzialmente un coacervo di popoli diversi e non solo per l’attaccamento a tradizioni e lingue (dialetti) diversi tra loro, ma anche per uno scarso senso di vera unità. È necessario formare lo spirito civico e la coscienza nazionale. L’unificazione ha determinato notevoli difficoltà e ha causato una profonda frattura tra Nord e Sud.
Lo stesso processo di unificazione dell’Italia fu condotto dalla borghesia e dall’aristocrazia, con un coinvolgimento delle masse popolari molto ridotto. L’apporto di Garibaldi e della Giovine Italia di Mazzini, dove in effetti c’era un misto di rappresentanza di più classi sociali, tentò di riequilibrare il divario nella partecipazione.
L’Italia si fece, ma subito dopo ci si accorse dei problemi, delle differenze sociali, della profonda diversità fra Nord e Sud, rappresentata da quella sorta di colonizzazione che finì con l’essere la lotta al brigantaggio.
Il problema unitario finì con l’attenuarsi a seguito sia della Grande Guerra che della Seconda Guerra e il dopoguerra, ma non fu mai davvero risolto, come dimostrano ancora oggi i discorsi federalisti padani, il richiesto e sedicente federalismo fiscale, le mai sopite tendenze separatiste, sia al Sud che altrove.