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17 Maggio: Giornata internazionale contro l’omo-bi-transfobia

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di Daniela Rubinacci

Perché il 17 Maggio si celebra la Giornata Internazionale contro l’omofobia, bifobia e transfobia?
Il 17 maggio 1990 è una data storica che vede finalmente la cancellazione dell’omosessualità dall’elenco delle malattie mentali e la definizione da parte dell’OMS come “una variante naturale del comportamento umano”. Questa definizione è il primo importante passo nel percorso di valorizzazione di tutte le differenze per raggiungere il traguardo della non discriminazione.
Tuttavia, il cammino per arrivare alla decriminalizzazione dell’omosessualità nella storia è stato lungo e tortuoso. Nel 1952, l’American Psychiatric Association (APA), raccoglie in un manuale, il DSM, le definizioni e le descrizioni di molti disturbi mentali, classificandoli in base alla frequenza statistica delle loro caratteristiche. Dal 1952 a oggi, il manuale ha visto 5 rivisitazioni dovute alla considerazione dei cambiamenti, nel tempo e nelle diverse culture, della diffusione e dell’incidenza delle sofferenze psichiche. Nella sua prima versione, l’omosessualità risultava ancora una condizione psicopatologica inserita tra i “Disturbi sociopatici di Personalità”. Nel 1968 era considerata una deviazione sessuale, come la pedofilia, catalogata tra i “Disturbi Mentali non Psicotici”. Nel 1970 la comunità LGBT inizia a rivendicare i propri diritti civili nei Paesi Occidentali. Questa rivendicazione ha ripercussioni anche sul mondo scientifico che si trova spinto a rivedere le teorie riguardo l’omosessualità.
Al mutamento di paradigma contribuiscono le ricerche statunitensi realizzate intorno agli anni ’50, ’70 e ’80, soprattutto nell’ambito della scuola sessuologica: il rapporto Kinsey (Kinsey 1948; Kinsey et al.1950,1957) rileva come almeno il 37% della popolazione maschile e il 13% di quella femminile abbia avuto qualche esperienza omosessuale tra la pubertà e la vecchiaia: “se l’omosessualità persiste su così vasta scala nonostante la riprovazione pubblica e la severità delle sanzioni che nel corso dei secoli la civiltà angloamericana ha posto su di essa, si ha motivo di ritenere che tale attività comparirebbe con assai maggior frequenza nelle storie personali se non esistessero impedimenti sociali”.
Sebbene nel 1974 l’omosessualità venga eliminata dal Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM) pubblicato dall’American Psychiatric Association (APA), sui testi scientifici si parla di “omosessualità egodistonica”, ovvero quella condizione in cui una persona omosessuale non accetta il proprio orientamento sessuale e non lo vive con serenità. Questa teoria verrà superata nel 1987 per arrivare poi appunto al  17 maggio 1990, quando anche l’Organizzazione Mondiale della Salute (OMS) decide di depennare l’omosessualità dall’elenco delle malattie mentali.
Il percorso che termina nell’eliminazione dell’omosessualità dalle malattie mentali racchiude in sé sia considerazioni scientifiche e metodologiche sia pressioni sociali e culturali. Da una parte negli anni ricerche scientifiche hanno dimostrato gli errori metodologici negli studi fino ad allora condotti, ad esempio, l’infondatezza del campione studiato: alcune teorie a sostegno dell’omosessualità come malattia mentale si basavano su un campione molto ridotto, addirittura inferiore alle 10 persone, che produceva risultati statisticamente non significativi. Dall’altra parte le pressioni politiche esercitate in quegli anni dai movimenti di liberazione sessuale accelerano e supportano il processo decisionale, senza, però, sostituirsi alle argomentazioni di natura scientifica.

La derubricazione dell’omosessualità come malattia mentale, voluta dall’American Psychiatric Association nel 1973, è il risultato di una lunga battaglia che ha avuto un forte impatto sulla vita di milioni di uomini e donne omosessuali, non solo negli Stati Uniti, ma in tutto il mondo. Questo evento è stato un importante cambiamento nel mondo della psichiatria e ha avuto una forte risonanza sociologica e psicologica. Io ho avuto il privilegio di svolgere un ruolo significativo in questa battaglia. Judd Marmor

I movimenti sociali di liberazione, le campagne di sensibilizzazione, la corretta informazione sono azioni che ciascuno di noi può compiere ed hanno un forte impatto sul cambiamento. Mutuando le parole di Marmor, tutti noi possiamo avere il privilegio di svolgere un ruolo significativo nel cammino verso una società di pari diritti, tutti insieme possiamo fare la differenza.

 

Fonte: sinapsi.unina.it/